Il nome del senatore Maurizio Gasparri entra nella corsa per la candidatura del centrodestra alla presidenza della Regione Lazio. Il responsabile nazionale del settore enti locali di Forza Italia (è anche commissario cittadino del partito a Roma) già la volta scorsa era nella rosa dei papabili. Poi il "fuoco amico" (e incrociato) aveva convinto il centrodestra a virare sulla designazione di Stefano Parisi.

Mancano due anni alla scadenza del mandato bis di Nicola Zingaretti, ma è chiaro che la partita della Regione Lazio va inquadrata (e giocata) all'interno di un quadro più ampio. Che passa dalle comunali di Roma e che investe altresì le dinamiche nazionali.

Nel centrodestra ci sono già altri nomi sul tavolo. A cominciare da quello di Claudio Durigon, deputato e coordinatore regionale della Lega nel Lazio. Oltre che sottosegretario al Mef. Ma c'è pure il nome di Fabio Rampelli, deputato di Fratelli d'Italia e vicepresidente della Camera. Il partito di Giorgia Meloni è molto forte nel Lazio e a Roma. Infatti bisognerà pure capire chi sarà il candidato a sindaco del centrodestra nella Capitale. In ogni caso parliamo di tre calibri da novanta: Maurizio Gasparri, Claudio Durigon e Fabio Rampelli.

Dicevamo che la scadenza naturale della legislatura regionale è fissata a marzo 2023. L'unica variabile potrebbe essere rappresentata dalla candidatura del presidente Nicola Zingaretti a sindaco di Roma. Ma il diretto interessato viaggia al ritmo di almeno due smentite al giorno.

Discorso diverso invece per quel che concerne il candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione Lazio. Le variabili non mancano. Intanto occorrerà capire se l'accordo appena siglato tra la coalizione e il Movimento Cinque Stelle (che ha portato alla nomina come assessori di Roberta Lombardi e Valentina Corrado) si consoliderà in questi due anni.
Perché questo potrebbe portare in via teorica, magari dopo un'intesa per le comunali di Roma (assai improbabile per la verità al momento attuale), anche alla candidatura di un esponente pentastellato. Roberta Lombardi sarebbe in pole position in un simile scenario.

Però è anche chiaro che bisognerà fare i conti con i dieci anni di governo Zingaretti. Nel senso che il peso politico di esponenti come il vicepresidente della giunta Daniele Leodori si sentirà. C'è pure chi ventila l'opzione del senatore e segretario regionale del Partito Democratico, Bruno Astorre. Ci sono poi nomi autorevoli come quelli dell'eurodeputato Massimiliano Smeriglio e dell'assessore alla sanità Alessio D'Amato.
Anche se secondo gli addetti ai lavori sullo sfondo resta sempre la possibilità di candidare David Sassoli, presidente del Parlamento Europeo. Una designazione di assoluto prestigio. Alla quale peraltro Nicola Zingaretti pensa da tempo.

In ogni caso è evidente che all'orizzonte si profila una competizione di alto livello. Bisognerà anche vedere e calibrare il peso delle alleanze. C'è quindi l'aspetto relativo alle candidature al consiglio regionale. Non meno importante. Soprattutto se si considera che alle politiche ci saranno 345 seggi in meno, 230 alla Camera e 115 al Senato. Per effetto del referendum costituzionale approvato a settembre 2020.

Indipendentemente da quella che sarà la legge elettorale, è già chiaro che ci sarà un forte ridimensionamento della rappresentanza del territorio per quanto riguarda Camera e Senato. Con la riforma dei collegi elettorali, qualora dovesse rimanere l'attuale sistema elettorale, il quadro sarebbe il seguente.

In provincia di Frosinone si eleggerebbero 3 deputati e un senatore con il maggioritario, 2 dei quali da "condividere" con la provincia di Latina. Poi, con il proporzionale, 4 deputati (da "condividere" con Latina) e probabilmente 2 senatori nella migliore delle ipotesi.
Sempre da "condividere". Il 4 marzo 2018, con il maggioritario, in provincia di Frosinone sono stati eletti, il senatore Massimo Ruspandini (FdI) e i deputati Francesco Zicchieri (Lega) e Ilaria Fontana (M5S).
In provincia di Latina: i deputati Giorgia Meloni (FdI), Paolo Barelli (FI), il senatore Claudio Fazzone (FI).
Poi, con il proporzionale, nell'ambito dello stesso collegio, per esempio, i deputati Claudio Durigon e Francesca Gerardi (Lega), Luca Frusone, Enrica Segneri (M5S). Ma pure la senatrice Marinella Pacifico (ora nel Gruppo Misto) e il deputato Raffaele Trano (anche lui adesso nel Misto). Oltre naturalmente al senatore Nicola Calandrini (FdI).

Impossibile pensare di mantenere questi numeri.
Ragione per la quale le candidature alle regionali diventeranno un'opzione molto richiesta. E quindi gli uscenti potrebbero trovarsi nella condizione di "competere" con chi magari sceglierà la corsa alla Pisana piuttosto che quella a Montecitorio o a Palazzo Madama. Nella Lega il consigliere uscente è Pasquale Ciacciarelli, nel 2018 eletto nelle file di Forza Italia.
Poi è passato al Carroccio. Ma è assai probabile che alla Regione si candiderà anche la deputata Francesca Gerardi. Derby all'orizzonte.

Sul versante di Fratelli d'Italia, l'ex parlamentare e presidente della Provincia Antonello Iannarilli ha detto chiaramente di voler concorrere alle regionali. Non è il solo nel partito di Giorgia Meloni. Il che vuol dire che occorrerà garantire tutti gli equilibri.

Il senatore e commissario provinciale Massimo Ruspandini sta già lavorando in questa ottica, quella del bilanciamento degli assetti. Stesso discorso relativamente a Forza Italia, che in Ciociaria resta divisa tra l'area che fa riferimento al senatore e coordinatore regionale Claudio Fazzone e quella del coordinatore nazionale Antonio Tajani. Nel Partito Democratico ci sono due uscenti: il presidente del consiglio regionale Mauro Buschini e il consigliere regionale Sara Battisti. Ad una candidatura alle regionali sta pensando anche il presidente della Provincia Antonio Pompeo.

Si profila quindi il solito intreccio di equilibri tra correnti.
Infine il Movimento Cinque Stelle: l'uscente è l'attuale capogruppo Loreto Marcelli. Sicuramente sarà in campo per il bis. Bisognerà vedere se qualcuno degli attuali parlamentari opterà per le regionali piuttosto che per le politiche. E soprattutto quale impronta darà l'ex premier Giuseppe Conte al Movimento nei territori.