Sindaco di Frosinone e coordinatore provinciale della Lega. Un doppio ruolo che a Nicola Ottaviani non pesa.
Da tempo è convinto che il Carroccio ha spazi di crescita politica al Centro dello schieramento e le ultime vicende nazionali sembrano dargli ragione.

Ottaviani, lei ha organizzato il confronto di Matteo Salvini con il vescovo Ambrogio Spreafico e la visita alla comunità Nuovi Orizzonti: il futuro della Lega è al Centro?
«Uno dei principi di derivazione latina che ho sempre adottato, come modello di riferimento, è quello dell' "est modus in rebus", secondo il quale la soluzione dei problemi non è mai il superamento, ma la sintesi tra le opposte esigenze in gioco, o tra mondi che non sono diversi ma che, semplicemente, non avevano avuto occasione di frequentarsi. L'impegno del volontariato laico e l'identità del cattolicesimo democratico non rappresentano soltanto pagine di storia del nostro Paese, ma il lemma e il corollario del teorema della nostra civiltà contemporanea».

Il sì al Governo Draghi e la svolta europeista: si sente un antesignano?
«Dobbiamo continuare a porci il problema di quanto e di come la nostra classe dirigente italiana sia in grado di incidere sulle scelte economiche e sociali di Bruxelles e di Strasburgo, poiché la partita è solo questa e non possiamo pretendere anche di sceglierci l'arbitro, lo stadio e, magari, anche il pallone».

Fratelli d'Italia ha come obietti il sorpasso a destra nei confronti della Lega? Lei lo teme? A proposito di Fratelli d'Italia: al Comune di Frosinone le chiedono la verifica e la firma di un documento di fedeltà al centrodestra. Perché non procede?
«I sorpassi a destra sono sempre azzardati e, spesso, specie in velocità, sulle strade o nei tempi attuali della politica, costringono il conducente a manovre pericolose sulla corsia d'emergenza. In Francia l'esperienza lepenista ha mostrato come il gollismo fosse di altra natura, poiché per governare il Paese, come nelle città, non basta il 49,99% periodico, ma è indispensabile arrivare alla maggioranza, con l'apporto anche di chi rappresenta lo 0,2 per cento. La fedeltà ai valori del centrodestra non ruota attorno ai documenti variabili, a seconda dell'esigenza o di chi li firma, ma si fonda solo, necessariamente, sulla condivisione di battaglie e conquiste comuni, sulla gestione delle risorse idriche, sul ciclo dei rifiuti, sulla effettiva valorizzazione dell'ambiente, senza inciuci al ribasso con quella parte della sinistra che ha determinato i disastri sul nostro territorio che, ancora oggi, ci vedono impegnati nella ricerca di antidoti e soluzioni».

Lei coordinatore provinciale della Lega, il senatore Massimo Ruspandini commissario provinciale di Fratelli d'Italia. Fra voi non c'è feeling: è una sfida anche per ottenere una candidatura eleggibile? «Con il senatore Ruspandini condividiamo la medesima esperienza di centrodestra in molte realtà e a ogni livello. L'unico argomento sul quale, con lui, potremmo non essere d'accordo è quello sulle esatte origini del nostro santo patrono San Silverio, poiché secondo una certa narrazione, sarebbe nato nella località di Campo Traiano, che corrisponderebbe all'attuale zona della Cantinella. Addirittura parrebbe che, a seguito dell'annosa discussione storiografica, si decise, a un certo punto, di lasciare a Frosinone il santo patrono e di cedere a Ceccano Bosco Faito che, peraltro, oggi, è divenuta una riserva naturale, fruibile dall'intera comunità».

Perché a Frosinone lei non vuole derogare dalle primarie? Non crede che qualche alleato potrebbe non fidarsi essendo lei anche il coordinatore provinciale della Lega?
«Le primarie non sono l'unico metodo da seguire per selezionare la classe dirigente in politica, laddove le proposte dovessero condurre a una soluzione condivisa, ma diventano la strada più trasparente e democratica quando la ricchezza delle proposte dovesse aver bisogno di una sintesi, rimessa all'apprezzamento e alla valutazione diretta dell'autentico "sentiment" popolare. Certamente, poi, le primarie fisiche e di persona sono da preferire a quelle pantomime pentastellate a cui siamo abituati ad assistere, anche in questi giorni, in cui hanno cercato di abbindolare un Paese di 60 milioni di persone, facendo credere che il 10% dei 75.000 votanti sulla piattaforma Rousseau, ossia 7.500 click, fosse sufficiente per dire sì o no al varo del più importante Governo del secondo dopoguerra. In pratica, è come se la metà di uno dei quartieri della città di Frosinone fosse stato in grado di dare il via libera a Mario Draghi, per amministrare oltre 200 miliardi di Recovery Fund e decine di milioni di vaccinazioni di massa, da qui ai prossimi mesi».

Il leader del Polo Civico Gianfranco Pizzutelli è stato nominato da Nicola Zingaretti (presidente della Regione Lazio e leader del Pd) presidente dell'Asp. Pensa che il Polo Civico nel 2022 possa ancora schierarsi con il centrodestra?
«Non mi risulta che Gianfranco Pizzutelli sia tra i consiglieri comunali o gli assessori presenti al Comune di Frosinone e se andassimo a scandagliare ciò che molti referenti politici fanno, al di fuori del perimetro degli schieramenti, ci sarebbe da riscrivere in controluce parecchie pagine delle presunte battaglie ideologiche locali e, forse, anche nazionali. Ipotecare quello che possa avvenire alle prossime comunali, a Frosinone, nella primavera del 2022, non è soltanto prematuro, ma è probabilmente anche inutile, tenuto conto della velocità con cui le dinamiche politiche e amministrative oggi si compongono ad ogni livello. Per ora, ciò che conta, è soltanto l'impegno amministrativo delle singole forze partitiche e civiche, per completare il programma sottoscritto e suggellato con il mandato iniziato a giugno del 2017. Il resto è accademia ed eristica».

Francesco De Angelis, leader del Pd, ha detto che senza Nicola Ottaviani candidato sindaco, la situazione è più semplice. E ha lanciato l'offensiva sulle liste civiche. Ha ragione?
«Francamente non ho mai inteso la politica, e soprattutto l'amministrazione, alla stregua di uno scambio delle figurine Panini, ove era applicabile la pratica del "ce l'ho, mi manca". Amministrare un capoluogo è tutt'altra cosa, e se difetta una visione comune sulle metodologie, sui programmi e sugli obiettivi per risolvere i problemi del territorio e della gente, non esistono sommatorie elettorali che tengano, perché da noi i cittadini sono estremamente maturi e non hanno, come dimostrano i fatti, il ciondolo appeso alle narici».

Ma se non riuscisse ad ottenere una candidatura eleggibile alla Camera o al Senato, cosa farebbe? «La vita politica e sociale di una persona non può ridursi alla sola prospettiva di trovare ricovero su una seggiola di velluto rosso e, anzi, credo che l'ambizione più alta che ognuno di noi dovrebbe coltivare, sia quella di contribuire alla formazione di una nuova classe dirigente, confrontandosi soprattutto con i giovani e i più volenterosi. Per il resto, se dovessi avere maggior tempo a disposizione, mi dedicherei a utilizzare più assiduamente quei servizi e quelle opportunità che, in questi anni, abbiamo costruito per la città, ma anche per noi stessi, come la possibilità di frequentare il nuovo stadio Stirpe, il parco del Matusa, le stagioni teatrali al Nestor o al centro storico, le rassegne d'arte nella nuova sede dell'Accademia o quelle musicali estive al festival dei Conservatori, facendo un giro, anche, nel nuovo palazzo comunale all'ex Banca d'Italia, o nella zona dei Piloni e dello Scalo, ove a breve saranno inaugurati i nuovi cantieri per la loro definitiva riqualificazione. La dimensione di ognuno di noi dovrebbe coincidere, prima di tutto, con la proiezione del proprio equilibrio interiore, soprattutto quando il prezzo da pagare per il compromesso rischierebbe di essere troppo alto».