È finita in lacrime e gelo. Lacrime di commozione, di soddisfazione e di liberazione quelle di Giovanni Acampora, che da ieri mattina è il presidente della Camera di commercio di Frosinone e Latina, versione inedita dell'ente al battesimo con l'accorpamento interprovinciale. Gelo da parte di Marcello Pigliacelli e dei suoi sostenitori, alcuni dei quali prima della seduta per il voto si erano lasciati sfuggire di avere la vittoria già in tasca.

E nella sala congressi della curia vescovile si sono scontrati ieri due raggruppamenti di associazioni che pensavano ciascuno di avere i voti per la vittoria. Dopo le due fumate nere del 7 ottobre scorso, ieri mattina i 33 componenti del Consiglio camerale c'erano tutti, consapevoli dell'importanza del momento, ma soprattutto consapevoli della sfida in atto tra la candidatura di Marcello Piagliacelli, proposta da Unindustria, e quella di Giovanni Acampora, soltanto ipotizzata, ma attesa, fino alle 11.30 di ieri mattina.

Un'atmosfera molto tesa, un nervosismo palpabile, a testimoniare lo stress di una campagna elettorale durissima, condotta sul filo del voto per arrivare a 17 preferenze, quante ne servivano per l'elezione del presidente. Una tensione che vale più di qualsiasi parola, e che la dice lunga sulla difficoltà di superare gli interessi di bottega e di campanile per mettere al primo posto il senso di un accorpamento territoriale che dovrebbe essere tradotto con un solo termine: coesione.

«Mi candido per fare più grandi queste nostre due province che in passato non hanno fatto grossi passi sinergici – ha esordito Pigliacelli nel riassumere il suo programma per la presidenza – È ora di invertire la rotta, di creare un circuito virtuoso affinché il territorio ciociaro e pontino insieme possa competere con le migliori realtà italiane». Poche parole che sono sembrate di circostanza, frettolose, forse per non togliere tempo alle operazioni di voto.

Poi l'invito di Silvio Rossignoli che presiedeva la seduta del Consiglio camerale chiamato ad eleggere il presidente: «Se c'è qualcuno oltre a Marcello Pigliacelli che intende avanzare la propria candidatura si faccia avanti». E si è fatto avanti Acampora, che ha voluto segnare la distanza tra sé e l'altro aspirante, esponendo per buoni venti minuti un programma molto lungo e articolato, dieci pagine di discorso, qualcosa di più di un progetto steso per una candidatura, ma piuttosto un programma intorno al quale costruire il modello di un ente rinnovato che ha l'ambizione di promuovere e rilanciare le economie di due province.

«La sfida che abbiamo di fronte si giocherà nel trovare l'equilibrio tra peculiarità, identità culturali, vocazioni produttive e nel rispetto delle diversità – ha spiegato Acampora – L'operazione da compiere è trovare il fattore capace di fungere da moltiplicatore di aggregazione, nel segno della trasparenza e della condivisione delle competenze». La lunga tirata di Acampora ha spiazzato i supporter di Pigliacelli: perché un discorso così lungo e importante se non ha in tasca i numeri per vincere? La risposta è arrivata dall'urna, uno stillicidio fino alla diciannovesima scheda scrutinata, con Pigliacelli e Acampora appaiati sulle nove preferenze ciascuno; poi il candidato pontino ha preso il volo, fino a chiudere la partita 20 a 12, una distanza che dovrebbe garantire una buona governabilità della Camera di Commercio.

Ma è stato un voto che ha messo in evidenza le dinamiche lobbistiche che hanno animato la vigilia elettorale, qualche falsa promessa e qualche tradimento. «Ringrazio tutte le associazioni della Camera di Commercio, anche quelle che non mi hanno votato – ha commentato Acampora dopo la proclamazione – Ora serriamo i ranghi e lavoriamo tutti insieme. Dedico questa vittoria a Salvatore Di Cecca per il sostegno che mi ha dato in questa scommessa così impegnativa, e la dedico a mio padre, per la forza che mi ha dato fino a questo momento standomi accanto, anche se non c'è più da molti anni». Le lacrime hanno detto tutto il resto.