Il fattore "uscenti" sulle elezioni comunali. Tutti riconfermati, anche nei centri dove poi c'era stato il commissariamento (Ceccano e Ripi). Unica eccezione a Cervaro, dove l'uscente non era candidato. Un elemento che in qualche modo si sposa con quello che è stato definito il fattore "Governatori" alle regionali.
A dimostrazione che il radicamento sul territorio fa ancora la differenza.

Il peso della fascia
Dicevamo delle 8 conferme dei sindaci uscenti. Ce l'ha fatta Roberto Caligiore (Ceccano), che fa segnare uno storico bis alla guida di una coalizione di centrodestra, con una forte presenza civica. Tra la prima e la seconda vittoria un periodo di commissariamento, che però ormai è alle spalle. Ha vinto anche Anselmo Rotondo a Pontecorvo, al termine dell'ennesima sfida con Riccardo Roscia. Nessun problema per Antonio Iannetta a Belmonte Castello. A Fontana Liri conferma per Gianpio Sarracco, dirigente provinciale del Partito Democratico. Ha battuto Giuseppe Loreto Battista. Vittoria di Urbano Restante a Guarcino e di Silvio Grazioli a Trevi nel Lazio. A Ripi alla guida del Comune, dopo un brevissimo periodo di commissariamento, è tornato Piero Sementilli, che ha superato Tonino Carlesi e Marcello Giorgi. A Patrica "effetto valanga" per Lucio Fiordalisio, che da tempo aveva impostato una campagna elettorale caratterizzata sui problemi del territorio, andando allo scontro anche con il Pd su alcune tematiche, come quelle ambientali. A Cervaro l'uscente non concorreva.
Ha vinto Ennio Marrocco: per lui si tratta di un ritorno nel ruolo di sindaco, carica che in passato ha ricoperto per due mandati.

Nello stesso giorno si è votato per il referendum. Due consultazioni agli antipodi, che però tratteggiano bene le "discrasie" di questo momento politico. Il Movimento Cinque Stelle ha sottolineato con enfasi il taglio di 345 parlamentari. Il che ci sta visto che i pentastellati hanno sin dall'inizio sostenuto e portato avanti la battaglia referendaria. Ma è un tipo di terreno diverso rispetto a quello delle regionali e delle comunali, dove contano il radicamento sul territorio e la capacità di mobilitazione.
Alle amministrative il Movimento Cinque Stelle continua a faticare moltissimo a livello nazionale e a non toccare palla in quello locale. Il fattore "uscenti" sul versante dei sindaci rappresenta una sorta di contraltare a quell'impostazione "grillina" che da più di un anno non trova risposte positive nelle urne. E ieri Alessandro Di Battista su facebook, durante una diretta, ha detto:«È la più grande sconfitta nella storia del Movimento». A conferma che i toni trionfalistici sul referendum sono stati usati pure per cercare di distogliere l'attenzione dall'irrilevanza politica dei Cinque Stelle alle regionali e alle comunali.

Il messaggio delle regionali
Esiste in Italia un partito dei Governatori che va oltre quelle che sono le strategie e perfino le percentuali dei partiti. Il trionfo di Luca Zaia in Veneto supera i confini della Lega, perché è evidente che con quelle percentuali il presidente è il punto di riferimento di un "blocco" non soltanto politico, ma pure economico e sociale. Stesso discorso per Vincenzo De Luca (Pd) in Campania. Ma alle regionali è stata la vittoria pure di politici come Michele Emiliano (Pd) in Puglia e come Giovanni Toti (centrodestra) in Liguria. Entrambi confermati. Non era scontato il successo di Eugenio Giani (Pd) in Toscana. Non esistono più rendite di posizione, neppure nelle roccaforti rosse. Negli ultimi tempi i flussi elettorali hanno spesso cambiato direzione. E l'offensiva del centrodestra a traino Lega è stata comunque forte in Toscana. Da sottolineare altresì la vittoria di Francesco Acquaroli (Fratelli d'Italia) nelle Marche. Un ulteriore segnale dell'avanzata del partito di Giorgia Meloni, anche nel centrodestra. Ma il fattore "Governatori" ha pesato pure in passato.

Pensiamo alla vittoria di Stefano Bonaccini (Pd) in Emilia Romagna a gennaio. Pensiamo anche e soprattutto alla conferma di Nicola Zingaretti nel Lazio il 4 marzo 2018. In quel momento è iniziata la scalata di Zingaretti alla segreteria dei Democrat. Da tempo quindi si sta delineando un "partito dei Governatori" costruito sul pragmatismo e sull'amministrazione quotidiana. Un "partito" trasversale, che è uscito rafforzato dalla gestione dell'emergenza Covid. Pensiamo a Luca Zaia in Veneto e a Vincenzo De Luca in Campania.

Cosa succede nel Lazio
È chiaro a tutti che adesso il segretario del Pd Nicola Zingaretti darà le carte al Governo. Continuano i "rumors" su un suo possibile ingresso nell'esecutivo, magari come vicepremier. Ma si tratta di scenari virtuali, anche per le considerazioni di prima. Per quale motivo Zingaretti dovrebbe mandare il Lazio ad elezioni anticipate, rinunciandoad unacarica operativa e strategica come quella di presidente? Ieri Zingaretti ha detto: «Il Pd non chiede il rimpasto, su quello decide Giuseppe Conte, ma il Governo deve ora aprire una fase nuova all'insegna del fare e della concretezza, e "fare un salto in avanti", a cominciare dalla gestione dei soldi del Recovery fund». Aggiungendo: «Va aperta una fase nuova all'insegna del fare e della concretezza per garantire un futuro al Paese». Il leader del Pd ha chiesto «tre grandi cantieri da aprire». Specificando: «Un patto per le riforme, che comprenda anche la legge elettorale e il superamento del bicameralismo, una nuova agenda di governo a partire dai "decreti sicurezza" e fare scelte sul Recovery fund». Quindi ha concluso: «Infine chiediamo che il ministro Speranza presenti un piano per la nuova sanità italiana, dobbiamo costruire la migliore sanità del mondo. Ci siamo vicini, si verifichi anche l'utilizzo dei canali di finanziamento che provengono dal Mes. Ora è il tempo di fare un salto in avanti». Improbabile dunque che nel Lazio si vada ad elezioni anticipate. Il che costringerà molti a rivedere i piani.

La legislatura blindata
Questa sarà l'ultima legislatura con 630 deputati e 315 senatori. Dalla prossima i "numeri" saranno, rispettivamente, 400 e 200. È già scattato l'effetto "sopravvivenza", visto che ci saranno 345 posti in meno. Alla fine di luglio 2021, cioè tra dieci mesi, inizierà il semestre bianco, quello che precedere l'elezione del nuovo presidente della Repubblica.
Vuol dire che Sergio Mattarella, fino a gennaio 2022, non può sciogliere le Camere. E la scelta del nuovo Capo dello Stato rappresenterà uno snodo fondamentale. Anzi,decisivo. A quel punto, da gennaio 2022, mancherà un anno alla fine della legislatura.
E nel 2023, ancora una volta, si voterà sia per le politiche che per le regionali. Anche a livello locale i partiti sono obbligati a riparametrare tutto. Nel frattempo in Ciociaria ci saranno diversi turni amministrativi. Nel 2022, per esempio, ci saranno le comunali di Frosinone, quelle del dopo Ottaviani. C'è poi la Provincia: nella primavera del 2021 si vota per il rinnovo dei consiglieri, mentre nell'autunno 2022 per la presidenza. Sono appuntamenti importanti, tanto più che da adesso bisognerà fare i conti con il fatto che ottenere una candidatura eleggibile in Parlamento sarà una sorta di "mission impossible".