Con il taglio di 345 parlamentari l'Italia diventerebbe il Paese fanalino di coda in Europa per quanto riguarda il rapporto tra numero di cittadini e deputati. Il dato emerge da un dossier di Camera e Senato datato 19 agosto. Lo studio prende in considerazione Montecitorio.

Secondo un'elaborazione del 2018 (pubblicata ieri dal quotidiano La Repubblica), l'Italia contava su un deputato ogni 96.006 abitanti. Vale a dire un deputato ogni 100.000 abitanti. Con il taglio si arriverà ad un deputato ogni 151.210 abitanti, per un rapporto di 0,7 ogni centomila abitanti. I padri costituenti ne avevano previsto uno ogni 80.000 abitanti. Per fare dei raffronti, si va dallo 0,8 della Spagna allo 0,9 di Francia, Germania e Paesi Bassi, al 2,2 del Portogallo. Poi anche il 3,4 della Svezia, fino al 10 del Lussemburgo e al 14,3 di Malta. A dimostrazione che la vittoria dei sì al referendum comporterebbe degli effetti notevoli sul piano della rappresentanza. Anche dei territori. Ci sarebbe un taglio di 230 seggi alla Camera e di 115 al Senato.

Ricordiamo che si tratta di un referendum confermativo, per il quale non è previsto il raggiungimento del quorum. Nel Lazio oggi si eleggono 28 senatori.
Scenderebbero a 18. Mentre nel collegio Lazio 2 della Camera, si passerebbe da 20 a 12 deputati.
Con l'attuale sistema elettorale, i collegi uninominali maggioritari scenderebbero da 348 a 211. Ben 127 in meno. Numeri che avrebbero un riflesso a cascata: diminuendo i collegi, l'estensione geografica degli stessi (sia uninominali che plurinominali) aumenterebbe.
Per ogni deputato il numero degli abitanti passerebbe da 96.006 a 151.210. Mentre, per ogni senatore, da 188.424 a 302.420.

Nel caso poi, sul versante del sistema elettorale, ci si orientasse sul Germanicum, allora verrebbero confermati i 63 collegi plurinominali proporzionali e le 23 circoscrizioni del Rosatellum. Con Frosinone e Latina che con ogni probabilità farebbero parte dello stesso collegio proporzionale. Non c'è chi non veda il rischio di una penalizzazione forte della rappresentanza dei territori. La provincia di Frosinone conosce bene sia il fenomeno dei "paracadutati" sui collegi locali che la storica debolezza nei confronti di Latina sul piano del peso politico. Inoltre una riforma del genere finirà con il consegnare sempre di più tutto il potere delle scelte elettorali e politiche a pochissimi. Alle segreterie dei partiti, che alla fine sceglieranno le candidature.
E quindi chi dovrà essere eletto.

Per il "no" al referendum si è schierato, tra gli altri, Vincenzo Iacovissi, vicesegretario nazionale del Psi e dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate. Il quale rileva: «Non è vero che questa sia una riforma storica perché si limita, esclusivamente, ad un taglio lineare di deputati e senatori, senza incidere in alcun modo sui meccanismi decisionali della nostra democrazia e lasciando invariato l'intero assetto di rapporti tra gli organi costituzionali. Non cambia il bicameralismo paritario, non muta la "doppia fiducia" delle Camere verso il Governo, non si snellisce il procedimento legislativo, non viene contenuto l'abuso della decretazione d'urgenza, della questione di fiducia e dei maxi emendamenti, non si rafforzano i poteri di controllo del Parlamento verso il Governo e i poteri d'inter vento nel processo legislativo del Governo, non si riscrivono le competenze tra Stato e regioni, non viene introdotto lo stato d'emergenza. Nell'ambito degli svariati tentativi di riforma costituzionale falliti sono state certamente previste riduzioni della composizione delle Camere.
Ma mai si è parlato di tagliare la rappresentanza parlamentare sic et simpliciter, senza un disegno più o meno organico di revisione dell'assetto istituzionale in vigore».