Spazio satira
Pignataro
28.05.2025 - 17:00
Accusato di false dichiarazioni per ottenere indebitamente il beneficio del reddito di cittadinanza, un nigeriano affronta una lunga battaglia legale. Il giudice dispone il non luogo a procedere nei confronti dell’indagato, accogliendo appieno la tesi difensiva dell’avvocato Pasquale Fedele. Il procedimento trae origine dalla comunicazione relativa a degli accertamenti della guardia di finanza di Cassino finalizzati a reprimere e contrastare il fenomeno dell’indebito percepimento del reddito di cittadinanza. In base alle verifiche, le Fiamme gialle contestarono che nel 2021 il quarantaduenne presentò una domanda di reddito di cittadinanza sulla base di autocertificazioni prodotte. Domanda accolta dall’Inps. Il richiedente si trovava a Pignataro Interamna e al fine di ottenere il riconoscimento del beneficio dichiarò il possesso del requisito della residenza decennale sul territorio nazionale. Gli accertamenti in realtà portarono all’indicazione dell’ingresso nel territorio nazionale solo a giugno 2016. Al momento della presentazione della domanda sarebbe risultato manchevole del requisito necessario e per questo denunciato all’autorità giudiziaria per aver beneficiato indebitamente di un importo complessivo di 7.000 euro relativo agli anni 2021 e 2022.
L’avvocato Fedele ha fatto rilevare l’importanza della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del luglio del 2024. In ordine allo status di soggiornante di lungo periodo dei cittadini di Paesi terzi, l’articolo 4 paragrafo 1 della direttiva 2003-209 prevede specificatamente che «gli stati membri conferiscono tale status ai cittadini di paesi terzi che hanno soggiornato legalmente e ininterrottamente per cinque anni nel loro territorio». La normativa nazionale opererebbe una deroga alla direttiva proprio nel momento in cui richiede ai cittadini di Paesi terzi ai fini dell’accesso al reddito di cittadinanza di essere residente in Italia per almeno 10 anni. La Corte di Giustizia ha rilevato che in linea di principio tale discriminazione è vietata a meno che non sia obiettivamente giustificata. Il giudice di Cassino, in conformità alla pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha eliminato la “disparità” e ha disapplicato la normativa italiana in quanto ritenuta contraria all’articolo 11 della direttiva europea, letto alla luce dell’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.
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