Foto di un ragazzo morto su Facebook per carpire la buona fede di una ragazzina. Nuovo round del processo a un 33enne ciociaro imputato di violenza sessuale, tentata violenza e detenzione di materiale pornografico. L’accusa è di aver approfittato di una ragazza sordomuta per farsi inviare e inviare foto pornografiche. I fatti risalgono ai giorni dal 24 al 26 marzo 2014.

Stando alle accuse, l’uomo si spacciava per un 17enne con foto, pubblicata su un falso profilo Facebook, trovata su internet, raffigurante un ragazzo morto in un incidente stradale. Così lei si è lasciata convincere: l’accusato avrebbe abusato delle condizioni di inferiorità della vittima per indurla a compiere e a subire atti sessuali, consistenti nell’assumere pose oscene e nel fotografarsi le parti intime. Tali immagini venivano inviate all’amico che, a sua volta, inviava alla ragazza degli scatti osceni.

La procura (il caso è affidato al pm Barbara Trotta) contesta all’uomo l’aver minacciato la divulgazione del cellulare e delle foto della minore anche dopo che la stessa lo aveva avvertito di essere sordomuta. Un modo per costringerla ancora a mostrarsi senza veli. Un tentativo stroncato solo dall’intervento del tutore, una donna, che ieri è stata sentita in aula dal tribunale (presidente Stirpe, a latere Farinella e Venarubea). La teste ha riferito delle modalità di presentazione della denuncia e di quanto le avrebbe riferito o non riferito la parta offesa. Le immagini compromettenti sono state trovate dalla polizia nel computer dell’uomo e sequestrate.

Su questo punto, ieri, sono stati sentiti, invece, due agenti della squadra mobile che parteciparono alla perquisizione e al successivo sequestro di telefono e i-pad. Solo che, dato che il contenuto è stato visionato dagli agenti della polizia postale, toccherà a loro, nella prossima udienza, riferirne sul contenuto. Sul punto, peraltro, alla precedente udienza, era stata sollevata un’eccezione dai difensori dell’accusato, gli avvocati Alessandro Caldaroni e Giuseppe Cialone. La difesa contesta che l’estrazione dal telefonino delle foto non sia avvenuta con tutte le garanzie difensive. Per questo il tribunale ha deciso che gli investigatori saranno sì sentiti, ma non su quella attività.