La domanda che bisognerebbe cominciare a porsi con forza è una sola: perché nessuno vuole venire a dirigere la Asl di Frosinone? E perché molti medici preferiscono fare i secondi in altri posti piuttosto che i capi in Ciociaria? In realtà la risposta la conosciamo tutti. Ed è articolata: fare il manager della Asl di Frosinone non è semplice, il rischio di “bruciarsi” è altissimo. Poi non ci sono grandi risorse, manca il collegamento tra un ospedale con un’Università, a Frosinone non c’è il Dea di secondo livello, servirebbero altri reparti e macchinari diversi. Quindi bisogna mettere in conto che il territorio è frastagliato e poco omogeneo, con 91 Comuni (molti dei quali piccolissimi). Senza considerare un tasso di litigiosità politica esponenziale e mille problemi quotidiani da risolvere. Una sanità fortemente indebolita da una spending review sull’altare della quale sono stati sacrificati ospedali, strutture e centri. Per dirla con parole semplici: tante responsabilità e pochi onori. Con uno spettro che si chiama... paura di fallire.

Il 29 luglio il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti annunciò che la professoressa Isabella Mastrobuono, manager della Asl di Frosinone, era stata individuata come futuro direttore dello Spallanzani a Roma. Immediatamente si pose il problema della successione. Il primo nome a circolare fu quello di Giuseppe Quintavalle, professionista di spessore. Che alla fine però ha preferito rimanere alla guida della Asl di Civitavecchia. Da settimane si parla di Vitaliano De Salazar, ex dirigente del 118 regionale e professionista dal curriculum impeccabile. Neppure lui però appare entusiasta all’idea di poter venire a dirigere la Asl di Frosinone.

(Ampio servizio nell'edizione in edicola oggi 4 ottobre)