Creare pesanti disservizi nel periodo di riapertura delle scuole, in modo da attirare l’attenzione delle istituzioni. Così da allentare i controlli sugli illeciti e sbloccare i pagamenti. La cricca della truffa a Cotral lo aveva stabilito a tavolino. Emergono nuovi particolari dalle carte dell’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza sulla manutenzione ai bus, che ha portato ad iscrivere nel registro degli indagati della procura di Roma 50 persone, di cui nove della provincia di Frosinone. Nelle 182 pagine dell’ordinanza, il gip Massimo Costantini ricostruisce una vicenda dai contorni davvero inquietanti: nessuna remora per l’incolumità degli autisti e dei passeggeri. Tutto passava in secondo piano rispetto alla determinazione di un gruppo di ditte di ricambi e manutenzione di arricchirsi sulle spalle della Cotral.

Fino agli incendi di vetture «che solo per mera accidentalità non hanno fatto registrare gravi conseguenze», scrive il giudice nell’ordinanza. Addirittura, nel caso in cui l’azienda forniva in prima persona i pezzi da montare, si è scoperto che questi non finivano sugli autobus (mai neanche smontati) ma in una rimessa di ortofrutta che faceva da deposito clandestino per essere poi rivenduti come nuovi alla stessa ditta fornitrice di Cotral, dopo aver rimosso le etichette. «In tutte le ipotesi - evidenzia il gip - il delitto di frode nelle pubbliche forniture deve ritenersi consumato». La conferma viene anche da una serie di frasi intercettate. «Le testatine degli avantreni - dicono due indagati mentre parlano al telefono - so’ state riverniciate da noi e se vede da 8 chilometri... Figura de m... ma mica pe’ i soldi, pa’ afigura dem... L’elettrovalvola delle sospensioni -
aggiungono - manco gli hanno dato una pulita». La mancata manutenzione riguardava anche pezzi importanti dei bus, come il sistema frenante e le parti meccaniche principali.

E c’è pure chi ha ammesso di aver assistito direttamente a tali irregolarità: «Consistevano - ha spiegato agli inquirenti una persona informata sui fatti - nella rigenerazione di pezzi di ricambio usati, mediante sabbiatura e verniciatura, con un successivo addebito alla Cotral del costo del pezzo nuovo. Ad esempio, veniva smontata la testata del motore di un autobus e successivamente veniva sabbiata e riverniciata. Infine, rimontata sullo stesso mezzo, specificando nella successiva fatturazione all’azienda, l’assemblaggio di una testata nuova». Stessa prassi per le turbine, gli ammortizzatori e supporti motore. Ma non solo: un controllo su circa 1.400 mezzi, praticamente la quasi totalità dei bus Cotral, ha fatto inoltre emergere che anche i cronotachigrafi digitali non venivano revisionati dall’impresa che aveva vinto l’appalto, che però forniva la necessaria certificazione. Dall’analisi dei sistemi di geolocalizzazione è saltato fuori che nelle date in cui veniva attestata la revisione, i pullman erano in realtà regolarmente in servizio.

In azione anche i vampiri di carburante. Dalle carte dell’inchiesta romana emerge pure che era prassi consolidata rubare dai trenta ai cinquanta litri. Tutto avveniva sollevando il bus all’interno dell’officina. «Adoperando il prelievo - si legge sempre nelle dichiarazioni rese agli inquirenti - dal tappo di spurgo posto sotto il serbatoio. In tal modo veniva garantita l’integrità del dispositivo anti effrazione posto nel tubo di carico del serbatoio».