Dopo la “Catilinaria” del procuratore generale, l’accorata autodifesa di Franco Fiorito, ieri è stata la volta dell’avvocato. Al processo d’appello per le spese pazze del gruppo Pdl alla regione Lazio, è stato il momento delle arringhe. Ha cominciato l’avvocato Enrico Pavia, ad aprile sarà la volta di Carlo Taormina. Il legale ha ricordato l’accordo politico con l’ufficio della presidenza per l’elargizione della somma di 136.000 euro a ogni consigliere, somma che cresceva in ragione dei ruoli ricoperti dal singolo consigliere, come nel caso di Fiorito, presidente di commissione e capogruppo. Perciò - ha insistito il difensore - all’ex sindaco di Anagni andava una tripla indennità. La legittimità dell’indennità, in base alle argomentazioni difensive, è stata riconosciuta dal comitato regionale di controllo.

La rendicontazione prodotta da Fiorito sarebbe stata corretta, con tanto di approvazione dell’ufficio di presidenza e nel bilancio. L’avvocato Pavia ha ritenuto il comportamento di Fiorito sempre trasparente tanto che, allo scoppio dello scandalo rimborsi, ha messo subito a disposizione della Guardia di finanza tutta la documentazione che ha permesso di ricostruire il funzionamento dei rimborsi. Il legale ha insistito sul ruolo privatistico dei consiglieri nello svolgimento dell’attività politica e, conseguentemente, per la gestione delle somme di denaro. Un modo per contestare la configurazione giuridica del peculato. Contestate dalla difesa le presunte irregolarità su viaggi, spese e acquisti che, in qualche caso, come per una lampada e la caldaia, sarebbero avvenuti a spese del gruppo a sua insaputa. Per il suv la difesa di Fiorito, il quale era presente in aula, ha spiegato che l’auto è stata ricomprata e restituita. Il procuratore generale aveva chiesto una pena più alta, sei anni, contro i 3 anni e 4 mesi del primo grado.