Beni confiscati nel Lazio, non solo dati ma una mappa che disegna gli investimenti dei clan. È un lavoro di analisi quello svolto dall’osservatorio sulla legalità della Regione che presenta i dati raccolti dall’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati dal Dipartimento per le Politiche di Coesione di Palazzo Chigi, un quadro a livello nazionale in cui il Lazio figura come sesta regione in Italia per numero di beni immobili confiscati che sono 1270 e terza invece per il numero delle aziende.

Le province sotto assedio

I dati sono rilevanti da tutti i territori ma ci sono delle province e cioè quella di Roma, Frosinone e Latina che detengono una sorta di piccolo record per il numero di beni confiscati. I comuni del Lazio interessati dalla confisca di almeno un immobile sono 86 e cioè il 28% dei comuni laziali. Circa il 90% di questi comuni sono localizzati nelle province di Roma, Frosinone e Latina. Nel dettaglio ci sono 100 beni immobili confiscati in provincia di Frosinone, 410 in provincia di Latina, 9 in provincia di Rieti, 30 in provincia di Viterbo e 721 in provincia di Roma.

I comuni in cui si registra il maggior numero di immobili confiscati sono: Fiuggi con 14 in Provincia di Frosinone, Cisterna di Latina, Sabaudia e Fondi in Provincia di Latina rispettivamente con 98, 76 e 71, Tarquinia in provincia di Viterbo con 12 e Velletri in provincia di Roma con con 41. Nella città di Roma risultano ben 446 beni confiscati. Se da un lato il numero delle confische evidenzia l’importante lavoro svolto da forze dell’ordine e magistratura, da un altro è evidente quanto i clan abbiano investito infiltrandosi nei territori. C’è poi un discorso legato solo ed esclusivamente al riutilizzo dei beni una fase molto complessa che spesso deve fare i conti con il tempo e con il rischio che gli immobili possano deteriorarsi.

Le aziende sotto chiave

Il Lazio come già accennato è la terza regione in Italia per numero di aziende finite sotto confisca. Sono 523, di cui 98 già destinate ad affitto vendita o liquidazione (18,7%), 485 (81,3%) in gestione all'amministrazione giudiziaria o dell’agenzia nazionale per i beni confiscati. Il fenomeno coinvolge tutte le province anche se in maniera molto marginale quel- la di Viterbo (soltanto 4 aziende confiscate). La quasi totalità delle aziende confiscate è localizzata nelle provincie di Roma (88% circa) e Latina (8,6%).

Nel dettaglio in provincia di Frosinone risultano 9 aziende confiscate di cui 6 in maniera definitiva, in provincia di Latina 45 di cui 28 in via definitive, in provincia di Rieti 1, in provincia di Viterbo 4 e in provincia di Roma 464 di cui 197 aziende in confisca definitive. Roma con 409 è la città con il maggior numero di aziende confiscate. In linea con la tendenza nazionale la forma giuridica più ricorrente tra le aziende confiscate è quella a responsabilità limitata che rappresenta il 76% del totale. Questi i dati resi noti dalla Regione.

Per quanto riguarda invece i settori in cui i clan hanno investito maggiormente c’è in primis quello immobiliare per poi proseguire con i servizi alle imprese, costruzioni, informatica, commercio, attività di ristorazione e alberghiero.

Una realtà complessa

Il territorio regionale costantemente monitorato anche attraverso il lavoro dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio. Una regione che può essere profondamente diversa da nord a sud ed in cui i clan si sono mossi e si muovono proprio in base a quelle che sono le caratteristiche dei territori. Dai gruppi criminali storici provenienti da altre regioni a quelli autoctoni che si evolvono divenendo realtà pericolose quanto i clan storici, fino a realtà come i clan rom. C’è poi tutto un filone legato alle mafie straniere che sono un’altra realtà in parte ancora più complessa, gruppi che spesso gestiscono giri imponenti legati anche al traffico degli esseri umani.

L’importanza del lavoro congiunto

Ad intervenire sui dati relativi le confische è stato il presidente dell'Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio Gianpiero Cioffredi che ha evidenziato un altro aspetto importante e cioè come, solo attraverso un importante lavoro congiunto si arrivi ad ottenere risultati. «La fotografia che presentiamo - commenta Cioffredi - grazie ai dati dell’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati e del Dipartimento per le Politiche di Coesione di Palazzo Chigi, è il frutto dello splendido lavoro del Procuratore Giuseppe Pignatone, del coordinatore della Dda Michele Prestipino, del Presidente della sezione del Tribunale di Roma per le Misure Preventive Guglielmo Muntoni e di tutte le Forze di Polizia che a Roma e nel Lazio esprimono eccellenze investigative di grande qualità - Quelli sulle confische sono numeri che indicano il radicamento delle mafie nel Lazio, cifre che lanciano una sfida a tutte le Istituzioni affinché venga posto come tema cruciale dell'agenda del governo locale il rilancio del riutilizzo sociale dei beni confiscati affermando un principio di valore culturale etico educativo nella lotta alle mafie che ci deve vedere tutti protagonisti. Noi come Regione nelle prossime settimane illustreremo il nostro impegno».

Una parte importante del lavoro spetta quindi anche ad altri soggetti tra cui Regione e Comuni. Le prime sentinelle sul territorio sono infatti le singole amministrazioni che spesso hanno un ruolo importante anche quando i beni vengono riassegnati e nuovamente utilizzati con finalità sociale.

Nel Lazio esistono già ville di boss trasformate in centri di aggregazione ma è chiaro che il lavoro da fare è ancora lungo. C’è però una volontà nuova di andare avanti partendo dall’impiego delle risorse da mettere in campo, un percorso già intrapreso dalla Regione ed è per questo che c’è già attesa per i progetti che saranno presentati.