In sei mesi quasi quattrocento donne sono andate al pronto soccorso. Sono le vittime di violenza in provincia di Frosinone. Numeri impressionanti, se si considera che tante decidono di non denunciare. Per vergogna, paura, per i figli o per non interrompere una relazione di lunga durata. à quanto emerso nella giornata di studio "Violenza di genere: saperne di più" promossa dall'Asl con la rete antiviolenza.
In tribunale ne hanno discusso magistrati, avvocati, medici ed esperti. Spiccano i 378 referti trasmessi all'autorità giudiziaria.
«Un dato sottostimato, ma comunque omogeneo nei vari distretti sanitari», ha spiegato il direttore del pronto soccorso di Cassino Ettore Urbano che ha snocciolato i numeri. Nel distretto A i casi sono stati 54, nel B 120, nel C 60 e nelD 127. Altre 16 sono di fuori provincia. Numeri superiori per i distretti di Frosinone e Cassino. Tre vittime su dieci hanno tra i 35 e i 44 anni, la classe più colpita. In 284 casi si è trattato di violenza fisica, in 8 câè stata violenza sessuale, in 7 atti persecutori, in tre molestie.
«Sono donne che arrivano sole, con bambini, accompagnate da un'amica - spiega l'infermiera Nadia Gabriele - di notte, di giorno, di domenica e vogliono una risposta».
Da qui l'idea di esportare in Ciociaria il "codice rosa" che prevede una corsia preferenziale e assistenza dopo aver lasciato la struttura sanitaria.
«Dobbiamo dare risposta alla domanda "adesso dove vado?"». L'obiettivo è tenere separata la vittima di violenza dagli altri pazienti in attesa al pronto soccorso. Molte cercano aiuto lontano da casa per evitare gli sguardi di conoscenti.
«Queste 378 donne - conclude l'infermiera - sono donne che si spostano: che da Frosinone vanno a Cassino, da Cassino ad Alatri perché hanno vergogna, non vogliono incontrare persone che conoscono».
Il sostituto procuratore Rita Caracuzzo ricorda che «con la legge sul femminicidio per la prima volta si prevede un'analisi specifica: câè una raccolta periodica e strutturata dei dati. La vittima particolarmente vulnerabile acquisisce una serie di diritti, misure di protezione, possibilità di un rimborso delle spese, possibilità d'accedere a centri antiviolenza. Ma come gestire la notizia di reato? Occorre personale specializzato. Anche la sola testimonianza della persona offesa può essere sufficiente per una condanna purché il giudice la sottoponga a un vaglio molto scrupoloso».
Su come sentire le vittime, il pm ribadisce l'importanza di un ambiente protetto.
«Bisogna cercare di farsi dare un racconto libero, solo dopo vanno fatte domande di approfondimento», sottolinea la Caracuzzo. Che ribadisce l'importanza di documentare le lesioni con delle fotografie e di sequestrare gli indumenti dove possono esserci tracce del Dna.
L'altro pubblico ministero Monica Montemerani ha sottolineato l'importanza dell'aspetto culturale «se la donna italiana spesso sminuisce la violenza per vergogna o un fatto culturale, a maggior ragione questo può esserci dove la donna è abituata a esser sottomessa prima al padre e poi al marito».
Nevia Sciucca della prefettura ha spiegato il funzionamento della scheda utilizzata per monitorare i casi. Un progetto sperimentale, condotto da luglio a dicembre, che nasce dalla necessità di basarsi su «dati uniformi per contrastare il fenomeno con le rispettive specificità ». Visto che al progetto, oltre alla prefettura, concorrono carabinieri, polizia e associazioni. «In base a questi dati possiamo capire chi subisce e come viene effettuata la violenza - conclude Sciucca - Quanto incide il fattore cultura o la capacità economica».