Si sente puzza di bruciato. E di sfruttamento della prostituzione al maschile. Con l’ “aggravante” della disperazione. Quella che spesso segna i volti dei richiedenti asilo che cercano di ricostruirsi una vita in brandelli. Facile leva per arguti manovratori a caccia di guadagni illeciti. I due nigeriani, ribattezzati come “gigolò di strada” e fermati dalla Polizia di Stato mentre offrivano prestazioni dietro compenso, potrebbero nascondere un fenomeno ben più preoccupante e ramificato. Anche in altre città dell’hinterland cassinate. Per questo le indagini non si fermano e l’attenzione è massima.

La ricostruzione

La triste storia inizia ai primi di gennaio, un martedì. Gli agenti del commissariato di Cassino stanno effettuando i controlli quotidiani lungo le principali vie del centro quando incontrano un profugo in atteggiamento sospetto. Sono in viale Europa e lo fermano per le verifiche. Teneva stretti in pugno tre “bigliettini d’amore”. Messaggi inequivocabili, scritti in stampatello e penna nera: «Se tu vuoi una relazione con me, io sono pronto» e «Ogni cosa che tu vuoi che io faccia per te, io la farò». Scatta un primo viaggio in Commissariato, per gli accertamenti, e un secondo viaggio nel centro di accoglienza del Casertano, più un foglio di via per tre anni. In sostanza, il nigeriano trentaduenne offriva il suo corpo dietro compenso alle donne che incontrava per strada. Mestiere antico quanto redditizio, sicuramente più delle classiche elemosine davanti alle chiese o ai supermercati. Altra attività nel cui business iniziano a subentrare anche i profughi. Sempre di martedì, tre giorni fa, gli agenti agli ordini del vice questore Tocco individuano un altro soggetto: un ventunenne nigeriano. Stesso modus operandi: tre bigliettini hot che sventolava lungo il centralissimo viale Dante. Identico il contenuto. Stavolta il fenomeno è stato notato da più parti. E anche tra le malcapitate se ne parla.

Impossibile che un profugo con inviti così spinti passi inosservato. Per il giovane è scattato il medesimo trattamento con il doppio viaggio: commissariato e “rimpatriata” al centro d’accoglienza. Lo stesso del suo collega. Ecco perché non è peregrina l’ipotesi che da quel piccolo paese del Casertano, di poco più di 2.000 anime, a una trentina di chilometri da Cassino, dove c’è la casa che li ospita, ci siano diversi immigrati impegnati nello stesso “lavoro”. A irrobustire queste supposizioni c’è anche la scrittura corretta e spedita dei messaggini che mal si combina con l’italiano stentato dei gigolò. Qualcuno deve averli scritti, qualcuno forse li manda in diversi centri a incassare illeciti guadagni. Sono le ipotesi su cui si sta indagando.