I voucher destinati sulla carta a remunerare le prestazioni occasionali non fanno emergere il sommerso. Ma servono piuttosto a inquadrare una forma di lavoro precario e a basso costo, costringendo chi viene pagato in questo modo in un vero “girone infernale” da cui è difficile uscire.

Lo scrive nero su bianco l’Inps nel suo recente Quaderno di ricerche sul lavoro accessorio. Nati, quindi, per retribuire gli impieghi saltuari, quelli dello studente che doveva lavorare la sera al pub o del pensionato pronto a tinteggiare la casa del vicino per arrotondare la pensione, si sono trasformati nello strumento preferito dagli imprenditori, non tutti per la verità, per non assumere. Un modo come un altro per rimanere in quel limbo che sta tra legalità e illegalità.

Con 886 mila, Roma è la terza città in Italia (dopo Milano e Torino) per numero di voucher venduti nel primo trimestre del 2016. Sono stati utilizzati soprattutto nei settori del commercio, del turismo e dei servizi. Dopo la Capitale, sono Frosinone (144 mila) e Latina (129 mila), le province laziali ad utilizzarne di più. Il compenso medio del singolo lavoratore è stato di circa 500 euro netti, equivalenti a 64 voucher. Ad usufruirne soprattutto i lavoratori under 49 che, a differenza di un tempo quando erano prevalentemente gli ultracinquantenni ad usarlo, rappresentano l’80% di tutti i voucheristi. Di questi, la metà ha un’età inferiore ai 29 anni.

«Un sistema, quello dei voucher, che rischia di andare sempre più fuori controllo - ha sempre evidenziato il segretario generale della Uil di Roma e del Lazio, Alberto Civica - . Non solo si è molto allontanato dalle motivazioni per cui era nato, ovvero il pagamento di una prestazione eccezionalmente occasionale, ma sta diventando quasi un’alternativa al lavoro nero. Perché - fa notare Civica - un imprenditore dovrebbe stipulare un contratto a tempo determinato e/o indeterminato con tutti gli oneri e i costi che comporta, se può pagare con i voucher anche in maniera continuativa?».

Non è un caso, infatti, che negli ultimi anni si stia registrando, sia a livello regionale sia nazionale, un forte divario tra il numero dei voucher venduti e quello dei riscossi. Il numero uno dell’organizzazione sindacale torna nuovamente sulla questione. Lo fa analizzando i dati sulla cassa integrazione straordinaria che vedono un aumento nella Capitale.

«La richiesta di ammortizzatori sociali – fa notare Civica – cresce soprattutto a Roma, dove si assiste a una radicalizzazione della crisi in più settori: dall’artigianato, al tecnologico, all’informatico, al commercio e dove purtroppo lo scenario politico economico non lascia ben sperare. Sembra apparentemente migliorare la situazione di Frosinone, dove dopo quasi un anno di richieste di cig elevatissime (+181% lo scorso mese di settembre), segna nel mese di novembre un -7,9%. Dato solo in apparenza positivo – spiega il segretario della Uil di Roma e Lazio – poiché la diminuzione della richiesta di ammortizzatori sociali è molto probabilmente dovuta all’avvio di licenziamenti. Situazioni complesse – conclude Civica – causate anche da un uso indiscriminato dei voucher in tutti i settori e da una mancanza di investimenti, sia nel pubblico sia nel privato».