Gli arresti di luglio erano stati un duro colpo allo spaccio di droga a Frosinone. Ma il traffico, visti anche i consistenti guadagni (fino a 40.000 euro al giorno), è continuato spedito. Giorno e notte con turni orari suddivisi tra gli indagati. Per questo, quando alle 4.30 di ieri mattina carabinieri e poliziotti hanno effettuato un blitz nel casermone non si sono sorpresi: si spacciava già , nonostante lâora.
Dopo lâoperazione âIntoccabiliâ, adesso con âFireworksâ, ovvero i fuochi dâartificio che segnalavano lâarrivo dei carichi di sostanze stupefacenti, sono state eseguite 52 misure cautelari: 16 in carcere, 27 agli arresti domiciliari, nonché tre obblighi di firma, quattro obblighi di dimora con divieto dâespatrio e due divieti di dimora. Nelle mille pagine dellâordinanza, il gip Pierandrea Valchera, su richiesta del sostituto procuratore Adolfo Coletta, titolare dellâin chiesta, ha messo nero su bianco le accuse a unâorganizzazione ben radicata in viale Spagna che aveva il pieno controllo di una scala del complesso di case popolari. Per quanto riguarda la contestazione del reato associativo, il gip ha trasmesso gli atti al pubblico ministero del tribunale di Roma che dovrà adottare le determinazioni del caso.
Lâoperazione
à lâalba quando due elicotteri cominciano a volteggiare sui cieli di Frosinone. Puntano dritti verso il casermone. Trecentocinquanta tra poliziotti e carabinieri, con lâausilio delle unità cinofile, cinturano lâarea del complesso immobiliare. Nessuno può scappare. Solo uno degli arrestati riuscirà , per qualche minuto, a sottrarsi alla cattura, fuggendo prima sul tetto e poi finendo nellâappartamento dei genitori dove di là a poco sarà acciuffato anche lui. Lâindagine è condotta dagli agenti della squadra mobile, diretta dal vice questore Carlo Bianchi, e dal Nucleo operativo e radiomobile della compagnia dei carabinieri di Frosinone, guidato dal maggiore Matteo Branchinelli e dal luogotenente Angelo Pizzotti.
Lâoperazione è nata nel dicembre del 2014 ed è in sostanza la prosecuzione degli Intoccabili, risalente allo scorso luglio, con 36 ordinanze di cattura. Le due organizzazioni, secondo lâimpostazione della procura, avevano stretto un accordo di mutuo soccorso: il capo degli intoccabili, Diego Cupido, è risultato essere uno dei principali fornitori di cocaina dellâassociazione del casermone: nel carcere di Benevento, dove è detenuto da luglio, ha ricevuto la nuova ordinanza di custodia cautelare.
Lâorganizzazione
La base logistica ed operativa era in viale Spagna. Gli investigatori notano come gran parte dei partecipanti allâassociazione sono occupanti abusivi. Per lâaccusa il gruppo aveva il controllo totale dellâintero caseggiato, abitato da più di 150 famiglie, la stragrande maggioranza delle quali estranee ai traffici. Blindando il portone dâingresso e vietando lâingresso ai non addetti allo spaccio, lâorganiz zazione aveva monopolizzato e militarizzato una delle scale di salita ai piani superiori dello stabile. A vigilare un gruppo di vedette, pagate fino a tremila euro al mese, con turni prestabiliti come in unâazienda vera e propria, e straordinari per i turni notturni e il fine settimana, con lâordine di gridare âcarmelaâ per segnalare lâarrivo della polizia e âneroneâ per indicare la presenza dei carabinieri.
La droga veniva venduta attraverso una finestrella. Uno stratagemma usato per far sì che gli acquirenti, anche fino a trecento persone al giorno, non vedessero mai chi passava loro lo stupefacente, acquistato a venti euro a dose per la cocaina e dieci euro per hashish e marijuana. Lâorganizzazione piramidale vedeva capi turno, custodi dello stupefacente e vertici.
I ruoli
Il gip nellâordinanza riserva a Mirko Valenti il ruolo di promotore dellâassociazione «che a tuttâoggi dirige, finanzia ed organizza, coordinandone stabilmente lâattività , curando in prima persona i rapporti con i fornitori e fornendo agli associati le direttive alle quali attenersi in ordine agli approvvigionamenti, al trasporto, al deposito ed alla custodia, ai prezzi da praticare sul mercato, alle concrete modalità di spaccio e di gestione degli introiti, gestendo il reinvestimento, anche allâestero, dei proventi illeciti». Principale collaboratore di Mirko, è il padre, Gerardo Valenti che con il figlio condivide «le scelte strategiche da adottare - scrive ancora il gip - curando personalmente il reperimento dello stupefacente e la gestione di ogni aspetto della piazza di spaccio, provvedendo a riscuotere i proventi illeciti dellâattività di spaccio, curandone in prima persona il reinvestimento ed il riciclaggio in attività speculative e produttive anche allâestero», in Spagna.
Sotto di loro câè Gianpaolo Scuderi, cognato di Mirko, che, per lâaccusa, ha «lo specifico incarico di curare la struttura organizzativa - si legge nellâordinanza - ed il controllo dei luoghi di spaccio e degli addetti, provvedendo altresì alla gestione dei proventi illeciti». Secondo quanto ricostruito nellâordinanza Giuseppe Fiorillo, Omar Iaboni, Giuseppe Liburdi, Marco Magliocchetti, «su diretto incarico e sotto le dirette dipendenze delcapo Mirko Valentie degli organizzatori Gerardo Valenti e Gianpaolo Scuderi, partecipano allâassociazione svolgendo stabilmente il compito di capiturno degli addetti alla vigilanza (vedette), di tenuta della contabilità giornaliera nonché di addetti alla cessione allâinterno della finestrella».
E ancora addetti alla contabilità giornaliera e alla cessione alla finestrella, stando alle accuse, sarebbero Antonio Scuderi, Massimo Frattali, Vittorio Di Maulo e Gerardo Ruspantini. A questi si aggiungono le vedette. Nel corso del blitz è stata sequestrata altra droga, 6.000 euro in contanti, pistole e carabine seppellite in giardino, mentre in tutta lâoperazione sono stati eseguiti 300 sequestri amministrativi di stupefacente con relative segnalazioni in prefettura. Sono contestati i reati di spaccio, associazione a delinquere, autoriciclaggio (per lâinvesti - mento in Spagna dei proventi), trasferimento fraudolento di valori (per lâacquisto di unâattività di ristorazione e di un immobile).
Domani iniziano gli interrogatori. Gli arrestati sono difesi dagli avvocati Raffaele e Marco Maietta, Giampiero Vellucci, Nicola Ottaviani, Riccardo Masecchia, Enrico Pavia, Carlo Mariniello, Tony Ceccarelli, Luigi Tozzi, Antonio Ceccani e Rosario Grieco.
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Regali e bollette pagate per tenere buoni i vicini
Stipendi fissi agli associati. Ma non solo. Lâassociazione, appena smantellata da polizia e carabinieri, che aveva monopolizzato unâintera scala del casermone, per tenersi buono il vicinato lo aiutava economicamente. «Câera una mutua assistenza - spiega il maggiore dei carabinieri Matteo Branchinelli - alle persone oneste venivano pagati attrezzi per la ginnastica e bollette. Gli accoliti cercavano di far star buoni gli altri coinquilini».
Anche perché il gruppo aveva conquistato i piani alti dello stabile che erano stati blindati con tanto di cancellata con divieto assoluto di accesso ai ânon addetti ai lavoriâ. Stando a quanto ricostruito da squadra mobile e Arma lâassociazione si era accollata un supplemento dellâilluminazione in comune, salvo poi distruggere i lampioni per il sospetto che perquisizioni e sequestri fossero il frutto di qualche spiata, magari di vicini indispettiti dal troppo movimento.
Lâassociazione era strutturata come una vera e propria azienda. Dalla ripartizione dei turni, allâassistenza legale per chi veniva arrestato. «Quarantamila euro era lâincasso giornaliero ma anche il costo al grossista di un chilo di cocaina che poi veniva quadruplicato nella vendita - continua il maggiore - Alle vedette andavano tremila euro al mese con la corsa di questi ultimi al turno del fine settimana». Quello più lucroso da un punto di vista economico. Perché se le vedette incassavano un di più per i festivi, avevano anche un supplemento in caso di raggiungimento di determinati obiettivi. Ad ogni persona presente nel turno erano riconosciuti cento euro se i guadagni superavano i diecimila euro.
Durante il blitz sono stati sequestrati anche i fogli di servizio, con i turni, gli incassi giornalieri con un totale di trecentomila euro in 18 giorni. La giornata tipo era suddivisa in tre blocchi, dalle 6 alle 14, dalle 14 alle 22 e dalle 22 alle 6. Dellâorganizzazione ha parlato anche il dirigente della squadra mobile Carlo Bianchi: «Abbiamo trovato un borsello con la cassa continua, quindi dosi di cocaina, cotta e cruda, e marijuana, una cassa deposito con altri soldi già accatastati e rendicontati. Trovate anche consegne di tipo militare. Una sorta di vademecum: chi sgarrava veniva multato, punito e perfino cacciato. Câera un rendicontazione con contabilità di tipo aziendale, abbiamo trovato foglietti con incassi giornalieri da 10.000, 15.000 e 18.000 euro».
Chi faceva il turno non doveva drogarsi, doveva rimanere in piedi, chiudere il portone anche con un paletto in ferro per evitare qualsiasi incursione dallâesterno. Lâattività è andata avanti senza sosta anche dopo gli arresti di luglio con lâoperazione Intoccabili. «Fino a quando non li abbiamo arrestati hanno continuato a spacciare - commenta Bianchi - Rimosse le blindature le riposizionavano. Non si fermavano, del resto finché câè un flusso così grande di denaro, fino a 40.000 euro al giorno, il malvivente non si ferma. Il movente sono i soldi».
Le forze dellâordine insistono anche su un altro aspetto legato allo spaccio: chi acquista spesso lo fa con denaro provento di altri illeciti. «Molti degli acquirenti - ha spiegato il colonnello Giuseppe Tuccio, comandante provinciale dei carabinieri - si procurano i soldi con furti, rapine e maltrattamenti in famiglia. Un tale supermercato è incentivante». Gli acquirenti, come confermato dal sostituto procuratore Adolfo Coletta, che ha coordinato le indagini, non erano solo frusinati. Arrivavano dal resto della provincia, dal Nord al Sud, come pure dalla provincia di Roma, come Colleferro e perfino da Terracina e Priverno.
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Bonus di cento euro per gli incassi più alti
Per dare corpo ai propri sospetti, carabinieri e polizia con una serie di appostamenti, si mettono a contare gli accessi alla finestrella. à lì che si compra lo stupefacente. Ed è lì che un sabato, il 16 maggio, si presentano in 469, mentre dieci giorni dopo, un martedì, a comprare lo stupefacente sono in 225. Tutti si comportano allo stesso modo. Restano uno o due minuti in attesa, quindi, acquistata la droga, si allontanano a passo svelto.
Nel corso dellâattività investigativa carabinieri e polizia si sono serviti delle intercettazioni telefoniche e ambientali. In un caso, a seguito di un sequestro, viene trovato un borsello cassa con dello stupefacente. Lâobiettivo dellâorganizzazione era fare la âbottaâ. Un termine, intercettato più volte dagli investigatori, che stava a indicare il raggiungimento di 10.000 euro di guadagni dalla vendita della droga. Un obiettivo che, se ottenuto, faceva scattare anche una sorta di premio produttività .
«Ed infatti - scrive il gip nellâordinanza - al raggiungimento di ogni botta consegue un premio produttività determinato in euro 100 per gli addetti al turno; in tal senso gli indagati utilizzano il termine botta, sia per indicare il premio da loro percepito (consistente in 100 euro), sia il raggiungimento della soglia dei 10.000 euro che dà diritto al premio». Dalle intercettazioni emerge anche una sorta di lotta interna per lavorare nei giorni più redditizi, il fine settimana quando i guadagni potevano essere doppi. E a parità di giornate lavorate la differenza era evidente. Da qui qualche malumore.