Una domenica pomeriggio da far west dietro il portone del carcere San Domenico. Una vera e propria rissa per una manciata di sigarette. A rimetterci uno degli agenti che per separare alcuni detenuti, è stato ferito ed ha dovuto ricorrere alle cure del personale del pronto soccorso. Il secondo episodio in un mese, come dichiarato dalla FpCgil. In regime di costrizione anche una scatoletta di tonno, un mazzo di carte o due sigarette diventano un bene di lusso per il quale basta una risposta sbagliata per far scatenare l’ira dei detenuti. Domenica un detenuto straniero è stato scoperto dagli altri ristretti a rubare nelle celle e ha rischiato il linciaggio dai compagni di detenzione.

A darne notizia è il Sindacato autonomo di polizia penitenziaria. Maurizio Somma, segretario nazionale per il Lazio, spiega: «Domenica al secondo piano della II sezione detentiva del San DOmenico, alcuni detenuti hanno scoperto un altro ristretto, che entrava nelle celle con il chiaro intento di appropriarsi indebitamente di oggetti altrui. Scoperto, è stato accerchiato ed avrebbe rischiato il linciaggio se non fosse stato presente sul piano per il giro di controllo un poliziotto penitenziario, che è poi rimasto ferito perché colpito ad una gamba da un colpo inferto con uno sgabello».

Donato Capece, segretario generale del sindacato, punta il dito contro il sistema della “vigilanza dinamica” e del regime detentivo aperto, che consente ai detenuti di stare molte ore al giorno fuori dalle celle: «Questi sono i frutti di una sorveglianza ridotta in conseguenza della cervellotica vigilanza dinamica, dell’autogestione delle carceri o della sottoscrizione di ridicoli ‘patti di responsabilità’ da parte dei detenuti che sembrano essere l’unica risposta sterile dei vertici del Dipartimento d’amministrazione penitenziaria all’emergenza e che rispondono alla solita logica che “scarica” sui livelli più bassi di governance tutte le responsabilità. Il Sappe da subito propose che i vari progetti sui circuiti penitenziari venissero ratificati dai vertici del Dipartimento, dal direttore del carcere e dalla competente magistratura realizzando un “patto di responsabilità”. Negli ultimi dieci anni c’è stata un’impennata dei detenuti stranieri nelle carceri italiane, tra cui anche il San Domenico che da una percentuale media del 15% negli anni ‘90 sono passati oggi ad essere oltre 18.570. Le espulsioni di detenuti stranieri dall’Italia sono state fino ad oggi assai contenute, oserei dire impercettibili. E credo si debba iniziare a ragionare di riaprire le carceri dismesse, come l’Asinara e Pianosa, dove contenere quei ristretti che si rendono protagonisti di gravi eventi critici durante la detenzione».