Quasi trecento partite in A, grinta da vendere, carattere forgiato nel ferro e applicazione feroce. La ricetta della felicità a volte può anche essere semplice e una vita da mediano può rivelarsi esaltante, checché ne dica Ligabue.
Giuliano Giannichedda lo ha esplicitato con un’ascesa che lo ha portato dai colori bianconeri del Sora a quelli della Juventus, passando per l’esaltante avventura friulana con l’Udinese, bianconera anch’essa, e per la compiutezza tecnica e agonistica toccata con la Lazio.
Oggi Giuliano fa parte dello staff tecnico delle formazioni giovanili azzurre e la stessa meticolosità che permeava la sua vita da atleta la impiega nel nuovo ruolo. In questa settimana di pausa del massimo campionato, abbiamo chiesto ed ottenuto la sua disponibilità per una chiacchierata sul Frosinone e sulle prospettive di questa avventura del team ciociaro in massima serie. Un parere autorevole e non certo svincolato dal grande affetto che Giuliano prova per la sua Ciociaria.
Benevolo il suo giudizio sull’avvio un po’ cauto e non privo di problematiche dei ragazzi giallazzuri.
«È del tutto normale che il Frosinone abbia palesato qualche difficoltà in questo approccio alla massima serie. Sarebbe stato stupefacente il contrario. Peraltro devo dire che nella prima gara la squadra di Stellone ha fatto bene, perché ha tenuto il campo con grande dignità ed altrettanto coraggio al cospetto di una squadra molto forte. Il Torino ha infatti individualità di spicco e un gioco di squadra eccellente, perché Ventura è un tecnico navigato e capace. Ho visto un buon Frosinone, con il giusto approccio. Semmai qualche problema è emerso nella seconda gara, ma io nemmeno in questo caso parlerei di una partita sbagliata».
Che tipo di mentalità dovrà spendere il Frosinone per arrivare alla meta agognata della salvezza?
«Io credo che l’atteggiamento giusto sia anzitutto quello di esprimere felicità ed entusiasmo, che beninteso non devono tradursi in appagamento. Questo miracolo calcistico del Frosinone nella massima serie è una cosa che i ragazzi devono godersi giorno per giorno, senza farsi condizionare da una gara andata male e senza abbandonarsi ad alcuna forma di pessimismo. Il Frosinone deve giocare con un pizzico di sfrontatezza, con la voglia di stupire e di far valere le proprie doti. Nessun timore reverenziale, perché la salvezza si costruisce gara dopo gara, senza tabelle.
Presumibilmente potrebbero servire 40 punti, 26-27 dei quali dovrebbero arrivare dalle gare interne. Sei d’accordo?
«Credo che possa bastare anche qualche punto in meno, ma eviterei di suddividere in punti casalinghi e punti esterni, perché come ti ho detto in serie A ogni gara è buona per far punti, per produrre una sorpresa, per sconfessare previsioni fatte a tavolino. Il Frosinone deve lavorare intensamente e acquisire prima possibile la giusta mentalità».
Il passare delle gare può rivelarsi un alleato prezioso, perché anche i ragazzi meno esperti della A avranno acquisito un bagaglio di esperienza importante?
«Sicuramente. È solo giocando che si possono sviluppare certe capacità di lettura della gara e certi atteggiamenti premianti. Ribadisco che ho grande fiducia nel processo di crescita di questa squadra».
C’è qualche reparto che al momento non garantisce sufficiente competitività?
«Credo che la società abbia lavorato bene, assemblando un gruppo che può sicuramente reggere questo palcoscenico con grande dignità. È evidente che per ottenere la salvezza bisogna far gol e perciò anche l’attacco, che magari ha meno esperienza specifica, dovrà trovare in fretta le soluzioni per dare un contributo sostanziale in termini di prolificità. In difesa c’è qualche elemeneto in più con esperienza di A, a centrocampo anche per il carattere battagliero di alcuni interpreti l’adattamento sarà immediato, perciò è in avanti che dovranno arrivare in fretta risposte confortanti».
L’approdo in massima serie di una squadra ciociara può finalmente contribuire all’eliminazione di esasperazioni campanilistiche, che da sempre caratterizzano la nostra provincia?
«Mi auguro proprio di sì. Il fenomeno Frosinone è stato recepito un po’ dappertutto, anche a Roma, dove vivo. So di sorani che seguono regolarmente i canarini e credo che ormai qualche fenomeno di “controtifo” sia davvero isolato, al punto che presto scomparirà. Il Frosinone deve essere l’orgoglio di tutta la provincia, visto che ha raggiunto un traguardo esaltante, un esempio da seguire e non certo un nemico da sconfiggere».
Nella squadra canarina c’è qualche giocatore che in qualche modo ti ricorda Giuliano Giannichedda?
«Naturale che la mia attenzione vada automaticamente sul centrocampo, che è stato il mio territorio di competenza da calciatore. Devo dire che da tempo ho espresso un giudizio molto lusinghiero su Gucher, che ritengo possa avere molte possibilità di approdare in club importanti e di imporsi all’attenzione nazionale. Chi mi assomiglia di più però credo sia Gori, altro giocatore bravissimo, che mangia l’erba del campo per quanto è grintoso e inoltre sta crescendo in modo esponenziale. Credo che questi due ragazzi saranno importantissimi per la salvezza del Frosinone».