Da Frosinone alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. È la strada che ha fatto il ricorso della titolare di un centro scommesse della Stanleybet Malta. D.T., attraverso l’avvocato Daniela Agnello, aveva impugnato il rigetto della richiesta di riesame del tribunale di Frosinone contro il decreto di convalida di perquisizione e sequestro delle attrezzature del centro frusinate per la raccolta di scommesse sportive nel settembre del 2013.

Nel corso della trattazione, i giudici della Suprema corte avevano sospeso il giudizio sollevando una questione pregiudiziale davanti alla Corte di Giustizia europea per valutare se le disposizioni italiane sulla partecipazione alle gare indette dall’amministrazione autonoma dei monopoli di Stato violassero le norme comunitarie.

Alla fine, la Cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza del tribunale del riesame di Frosinone «che procederà - scrivono i giudici - nell’esercizio dei poteri riconosciutigli per legge nella fase dell’impugnazione cautelare, e dunque potendo sempre utilizzare e valutare, oltre che la documentazione e gli accertamenti tecnici sul punto già in atti, anche ulteriori elaborati tecnici sempre producibili dalle parti, a nuovo esame».

La Corte concede comunque «ampia facoltà di valorizzare... ogni altro parametro ritenuto necessario e funzionale ad esprimere una valutazione in ordine alla proporzionalità o meno della misura in oggetto al fine di farne discendere la valutazione sulla concreta natura discriminatoria nei confronti dell’operatore straniero».

Per la cronaca tutto nasce dalla negata autorizzazione di polizia da parte della questura di Frosinone al centro di scommesse, essendo mancante il necessario presupposto, ovvero la concessione.

La Corte ha in parte disatteso le richieste del bookmaker, ma ha ritenuto fondato il ricorso con riferimento alla clausola che impone al concessionario di giochi d’azzardo di cedere a titolo gratuito, alla cessazione dell’attività, l’uso dei beni di proprietà e che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco. Ciò perché tale disposizione diventa un deterrente alla partecipazione alle gare tale da diventare una restrizione al diritto di stabilimento e di libera prestazione di servizi.