Capitolo chiuso. Definitivamente. E non solo quando si fa riferimento all’onda mediatica che ha accompagnato l’intera pruriginosa indagine. Ora anche in Procura la parola “fine”per la vicenda giudiziaria che ha travolto, ma non scalfito, il vescovo Antonazzo ha segnato un cambio di passo che già era nell’aria. Questione archiviata.

L’atteso epilogo

Nessuna opposizione all’archiviazione. La bufera che si è abbattuta sul vescovo della diocesi di Sora-Cassino-Aquino e Pontecorvo, monsignor Gerardo Antonazzo, si è rivelata una bolla di sapone. In molti già lo sapevano. Tanti altri lo speravano fortemente. Già dalle parole del procuratore capo di Cassino, il dottor Luciano D’Emmanuele - peraltro molto restio a parlare dell’argomento - la questione poteva già dirsi «chiusa» qualche mese fa. «È stato già scritto tutto, non c’è nulla da aggiungere» aveva tuonato il procuratore dando l’impressione che per la Procura fosse già tutto chiaro. Ora l’ufficialità di un’archiviazione dall’indubbio valore, vista la violenza con cui le accuse hanno investito Antonazzo, ha rimesso ogni cosa in ordine.

Le accuse

Presunti abusi su alcuni - sette, forse otto - seminaristi poco più che maggiorenni da parte dell’alto prelato. Queste le accuse mosse nei confronti di Antonazzo. Uno scandalo scoppiato e sgonfiatosi in poco meno di 48 ore, passando dalla gogna mediatica alla tesi del complotto nel giro di un weekend. «Accuse infondate» ribatté subito Antonazzo. L’inchiesta sarebbe difatti partita da un’unica lettera firmata da un seminarista: in quelle pagine il giovane avrebbe riferito di presunte molestie dedicate a lui e ad altri seminaristi da parte del vescovo.

E subito si era mosso anche il Vaticano che aveva sollevato forti dubbi sulla veridicità delle accuse: contestazioni costruite ad arte da chi, forse, era stato respinto dal seminario. Poi l’insinuarsi dell’ombra della cospirazione: dietro quelle righe infamanti forse neppure solo la mano di un seminarista respinto.