Non ha più intenzione di sopportare insulti e minacce. Non ha più intenzione di leggere conversazioni che puntano il dito in modo denigratorio nei suoi confronti e in quelli della maggioranza. Il sindaco Anselmo Rotondo ieri mattina è andato su tutte le furie e ha detto “basta”. Dopo intere settimane di sopportazione ha deciso di ribellarsi ai continui attacchi piovuti dai social network e di depositare apposita querela affinché le autorità giudiziarie valutino tutti gli scritti.

«La misura è colma, il diritto alla critica, a nostro avviso è stato ampiamente superato per questo, per quanto detto e scritto sui vari social network, sarà ora la magistratura a dirimere la matassa - ha affermato il sindaco Anselmo Rotondo - In proprio e in qualità di rappresentante pro-tempore del comune di Pontecorvo ho presentato diverse querele, lo stesso hanno fatto gli assessori e alcuni responsabili dei servizi comunali».

Ma cosa ha scatenato le ire del primo cittadino e dei componenti della sua giunta? A generare l’intera vicenda sono stati dei commenti sulle gare d’appalto che sono in corso nella città fluviale. «Alcuni cittadini, forse fomentati dai professionisti del fango, per sentirsi importanti hanno profuso commenti e insinuazioni di presunte azioni di illegalità attorno agli appalti che si starebbero verificando in alcuni uffici comunali - ha spiegato il sindaco Rotondo - Le accuse sono specifiche e circostanziate, ma del tutto infondate, per questo abbiamo informato i carabinieri con diverse denunce - querele. L’azione finalizzata a garantire legalità e democrazia che questa amministrazione  ha avviato da oltre un anno non sarà fermata dal fango e dagli insulti da codice penale. Esercitare la legalità vuol dire prima di tutto rispettare la dignità e l’onore delle persone. Su questo aspetto non si transige».

Un atto forte che sicuramente farà discutere e che attacca frontalmente i social network che sempre più spesso si trasformano in piazze di discussione dove molti sono convinti di poter liberamente insultare o insinuare illegalità a discapito di altri.