Non ho mai scritto “Je suis Charlie”, quando più di un anno fa un commando di criminali dell'Isis attaccò la sede di quel settimanale satirico francese. La mia solidarietà fu totale per le persone rimaste uccise da quei carnefici, ma la linea del giornale non mi è mai piaciuta. Prima ancora delle famose vignette su Maometto, ce n'erano state altre sul Papa, sulla Madonna, sullo stesso Gesù Cristo. Vignette blasfeme, fatte per ridicolizzare simboli in cui miliardi di persone si identificano. Molte erano state le proteste, ma grazie al cosiddetto laicismo peloso francese il tutto passò come satira dissacrante. Dove, secondo il giacobinismo, tutto senza limiti può diventare oggetto di scherno e di ghigni maligni da parte di chi vive nel nichilismo assoluto...

Perché di questo si tratta: a Charlie Hebdo non importa niente di nessun valore a fondamento della nostra civiltà. La rincorsa che ha preso nel tunnel del buio demoniaco in cui si è infilato è arrivata a irridere i corpi straziati di chi ha perso la vita nel terremoto di Amatrice. Vignette realmente pornografiche hanno rappresentato il sangue come il pomodoro. È come se per i redattori di quel giornale niente avesse più senso. La convivenza, la comunità, il dolore, lo straniamento della tragedia, vengono distrutte e capovolte da chi per paura crede di esorcizzare la morte in questo modo.

Perché alla fine dietro la demenza di Charlie Hebdo vi è la vigliaccheria dei propri redattori. Gente che ha anestetizzato se stessa per non provare più nessuna compassione per il proprio simile. Persone che con la scusa della satira non distruggono nemmeno un grammo di potere, come almeno faceva la satira irriverente francese del Canard di anni addietro. Charlie Hebdo è diventato la voce invece di qualcosa di non umano, di qualcuno che disprezza gli esseri umani e da milioni di anni fa di tutto per massacrarli. Una vignetta sul diavolo, Charlie, non l’ha mai tirata fuori. Il ghigno di Satana è molto simile, infatti, al cinismo di quei disegnatori.