Un supermarket dello stupefacente dal menù variegato, aperto 24 ore al giorno, dove chiunque poteva andare per acquistare liberamente cocaina, hashish e marijuana. I clienti non dovevano telefonare o accreditarsi prima dell’acquisto, perché l’ingresso era libero. Si poteva pagare anche a rate. Era un luogo molto conosciuto nell’ambiente, tanto che i numerosi sequestri di dosi vendute ai vari assuntori hanno dimostrato che il via vai avveniva ad ogni ora del giorno e della notte. A fare la “spesa”non erano soltanto i frusinati ma anche perso- ne provenienti da fuori provincia.

Il punto vendita era protetto da “vedette” come a Scampia, che coprivano i vari turni ed erano dislocate in zone strategiche per dare l’allarme in caso di arrivo delle forze dell’ordine. L’addetto alle vendite si trovava dietro una porta blindata, pronto alla fuggire con tutta la “cassa”(consistente in una borsa contenente le dosi di droga e l’incasso giornaliero), in caso di allarme.
Chi si ribellava, o tentava di mettersi in proprio, veniva minacciato. Con pugni schiaffi o con le armi. L’inizio delle indagini È il novembre del 2013 quando polizia e carabinieri fanno irruzione nella palazzina D2 del quartiere Selva Piana a Frosinone, sorprendendo gli uomini di guardia. Le forze dell’ordine sequestrano telecomandi usati per azionare il dispositivo d’allarme luminoso, posto all’interno dell’appartamento, dove si trovava l’addetto alle vendite.

Nell’occasione scoprono anche la “cassa” del “supermarket”, consistente in una borsa all’interno della quale vi erano oltre 200 dosi di sostanza stupefacente di vario tipo, la contabilità della giornata e l’incasso che, al momento dell’intervento (nelle prime ore del po- meriggio), già ammontava ad oltre 5000 euro.

Il cambio di strategia

Dopo aver ricevuto il primo colpo, l’organizzazione criminale continua la sua attività, costituendo altre tre basi di spaccio al dettaglio, meno evidenti di quel- la della palazzina D2, ma altrettanto remunerative. Chi comanda decide che i nuovi punti “vendita” vanno aperti nelle vie centrali di Frosinone bassa: viale Mazzini e via Marittima. Anche questi nuovi “minimarket” finiscono al centro di un blitz degli investigatori, che nell’occasione recuperarono numerosi dosi cedute agli assuntori ed arrestano in flagranza gli addetti alle vendite.

I pusher ambulanti e reti

Particolare la quinta rete di distribuzione era stata organizzata in forma “ambulante” perché affidata a due associati che, con la loro automobile, raggiungevano i comuni limitrofi a Frosinone (Veroli, Boville Ernica, Monte San Giovanni Campano, Ripi) e si posizionavano in punti prestabiliti (per lo più bar) dove i “clienti” sapevano di poterli trovare in determinati orari.

La sesta rete di distribuzione, la più capillare ed insidiosa, era stata incentrata su appartenenti a famiglie di etnia Rom, residenti a Frosinone, riforniti giornalmente da una coppia, anch’essa di origine Rom. I punti di smercio, in questo contesto, erano le abitazioni delle famiglie (otto in tutto) degli associati: dieci il numero di persone colpite dal provvedimento cautelare. L’ultimo canale di distribuzione dell’organizzazione era destinato a diversi pusher della provincia che, seppur non organici all’associazione, acquistavano stabilmente lo stupefacente necessario ai loro traffici.

Pistole e pestaggi

L’organizzazione era governata con pugno di ferro e la sua egemonia sul mercato della droga veni- va affermata con l’uso delle armi. Tanto che nell’estate del 2013 alcuni Rom tentarono di svincolarsi per mettersi in proprio ma furono subito richiamati all’ordine, con violenti pestaggi ed intimi- dazioni a colpi di pistola.

Le basi del rifornimento

Due i canali individuati durante le indagini: uno legato alla criminalità albanese del posto, gestito da due persone radicate in zona, che facevano arrivare grosse partite di stupefacente, come quella proveniente da Milano, intercettata il 14 giugno del 2013; l’altro campano, legato a due napoletani: zio e nipote, i quali, pur non risultando affiliati ai clan camorristici, gravitavano in un zona, quella del rione Gescal del quartiere Miano di Secondigliano, sotto controllo della criminalità organizzata.

Gli arrestati

  

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