La droga scorreva a fiumi. Nonostante arresti, sequestri e qualche contrasto a colpi di pistola, subito appianato, l’attività di spaccio rendeva bene. Se ne erano accorti da tempo carabinieri e poliziotti che, ieri mattina alle prime luci dell’alba, hanno chiuso il cerchio dell’operazione “Intoccabili”.

La Dda di Roma aveva chiesto l’applicazione di 86 misure cautelari, alla fine il gip Simonetta D’Alessandro ne ha concesse 36 , di cui 32 eseguite. Le indagini riguarda- no fatti di spaccio di cocaina, hashish e marijuana da luglio 2012 a febbraio 2015.

Come scrive il gip, l’attività è andata avanti fino a quando trecento agenti e militari dell’Arma, con l’ausilio delle unità cinofile, antiesplosivi e due elicotteri hanno eseguito l’ordinanza. Qualcuno era al mare, a Terracina, altri a Bergamo, mentre due all’estero non sono stati ancora presi. Il sistema era strutturato su una rete collaudata di appartamenti per lo spaccio, a corso Francia, in via Marittima e in viale Mazzini. Quest’ultimo dedicato a una «clientela selezionata». Poi c’era una serie di depositi utilizzati dal gruppo, in via del Carbonaro, in via Angeloni a Frosinone e Alatri.

Promotore dell’associazione, per l’accusa, è Diego Cupido. «Cupido emerge come il promotore e primo organizzatore della struttura», scrive il gip che aggiunge «al fine di salvaguardarsi e sottrarsi ad eventuali investigazioni, ha dotato il proprio sodalizio cri- minale di una struttura gerarchica improntata ad una chiara compartimentazione, demandando il compito di gestire i contatti con gli altri sodali alle persone di stretta fiducia».

E ancora: «Grazie a tale condotta Cupido è riuscito negli anni a rimanere sullo sfondo di tutte le attività illecite del sodalizio, tanto che fino ad oggi è rimasto immune da conseguenze penali connesse alla droga».

Per il gip il gruppo «rappresenta un sistema completo» in grado di massimizzare i guadagni. Eppure i principali attori, pur potendosi permettere ben altro, rimanevano ad «abitare in case popolari - aggiunge il gip - S’è invero verificato che i caseggiati di edilizia residenziale pubblica, anche per la costante assenza di verifiche sulle concrete occupazioni degli alloggi da parte dell’ente proprietario rappresentano le strutture logistiche all’interno delle quali gli organizzatori possono facilmente reperire i luoghi e la “manovalanza” necessaria».

L’associazione, che si basava molto sui legami di parentela, almeno per i vertici e i collaboratori più stretti (sorelle, zii, nipoti, compagno della sorella), era molto ca- pillare e riusciva a coprire l’intero territorio. Gli unici momenti di frizione vi furono quando il gruppo di rom decise di cercare altri canali di approvvigionamento. Ci furono pestaggi, atti d’intimidazione e sparatorie. Poi prevalse la necessità di non destare all’esterno troppa attenzione. Da qui il nuovo accordo.

A tenere le fila con le famiglie rom, stando alle accuse, c’era Luigi Iaboni. Cui, scrive il gip, «è affidata, preminentemente, la cura degli approvvigionamenti giornalieri a componenti di famiglie di origine rom». Queste ultime riuscivano ad ottenere al mese da uno a due chili di droga. Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Raffaele e Marco Maietta (che difendono 21 persone tra gli arrestati, compresitutti i capi e promotori del sodalizio), Tony Ceccarelli, Nicola Ottaviani e Giampiero Vellucci.

Un sistema capillare grazie al passaparola Così veniva garantito l’anonimato

Le indagini condotte dalla squadra mobile e dal Nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Frosinone, guidati dal vice questore Carlo Bianchi, dal maggiore Luca Ciabocco e dal luogotenente Angelo Pizzotti hanno permesso, come spiega il vice questo- re vicario Giovanni Nunzio Trabunella di «smantellare una capillare organizzazione criminale con una rete di spaccio che nulla ha a che invidiare a quella di Scampia». Di fronte a un dispiegamento di forze così grande nulla hanno potuto vedette e videosorveglianza per sviare i controlli. Il colon- nello Giuseppe Tuccio dei carabinieri sottolinea l’esistenza di «condomini controllati con videocamere, vedette e porte blindate».

Il maggiore Ciabocco ricorda l’inizio dell’inchiesta con l’arresto di una 65enne «al di fuori del l’ambito criminale». E ciò a riprova del fatto - aggiunge - che «i soggetti erano in grado di condiziona- re chi abita vicino». Il vice questore Bianchi svela il nome dell’operazione: «Il gruppo centrale dell’organizzazione di fatto la droga non la toccava. Non lavorandola pensava di non essere arrestato».

I consumatori erano un esercito sconfinato. Mille le dosi vendute al giorno. La gran parte con il passaparola, sistema che garantiva l’anonimato. Novanta gli arresti effettuati durante l’intera operazione, sequestrati 4 chili di cocaina nonché soldi, beni mobili e immobili per 2,5 milioni.