Frosinone come Napoli, Salerno, Brindisi, Reggio Calabria e Palermo. È la classifica del carrello della spesa. Con le tante famiglie che sono costrette a tirare la cinghia per far quadrare i bilanci, anche gli acquisti al supermercato ne risentono. Frosinone, infatti, è tra le città in cui i consumatori spendono sempre meno: in media il 5%. Un dato comune al centro-sud.

Nell’elenco, pubblicato su Il Giornale in base a dati Nielsen, accanto a Frosinone ci sono tutte realtà dell’Italia centro-meridionale. Le più nordiche sono Pistoia e Siena. Poi, oltre a Rieti, tanti capoluoghi campani, lucani, pugliesi, calabresi e siciliani. All’opposto ci sono province dove il trend è migliorato e la gente è tornata a riempire il carrello della spesa. In questi territori si registra un più 2%. Tra queste Brescia, Parma, La Spezia, Bologna, ma anche Macerata, Fermo, Benevento e Caserta.

A cominciare dagli anni della crisi, la differenza tra il Nord e il Sud del Paese si è allargata ancora. Se prima la differenza di spesa si attestava sugli 800 euro, ora si è sui 1.000 euro. Nell’Italia meridionale si è puntato su una spesa low cost, più discount, più offerte e anche il web ha la sua parte per i più tecnologici. A rallentare la ripresa dei consumi nel Sud sono soprattutto i minori acquisti di pelati e pomodorini (-13,5%), biscotti per l’infanzia (-12,8%), latte fresco (-11,4%), ma anche zucchero (-6,2%), preparati in bordo (-5,6%), freschi industriali (-4,3%) e merendine (-4%). Della serie più il reddito si abbassa più le scelte dei consumatori sono condizionate dalla necessità di risparmiare anche sui prodotti che finiscono a tavola.

C’è poi il boom dei prodotti a chilometro zero dove si compra direttamente dal produttore, abbattendo i costi della distribuzione. Le regioni dove si spende di più sono comunque Lombardia, Trentino-Alto Adige, Emilia Romagna, Veneto, Liguria e Toscana. Al contrario, laddove il carrello della spesa è tornato a riempirsi si registra un più 35,8% di snack salati, più 2,3% di piatti pronti, più 16% di frutta secca sgusciata, più 12,8% di salmone affumicato, più 11,6% di birre rosse, più 11,1% di sostituivi del latte Uht, più 9,9% di yogurt magro.

Nelle scelte degli utenti ci sono anche dei comportamenti irrazionali. Nello studio si evidenzia che da quando la priorità delle famiglie è diventata risparmiare sul carrello della spesa sono aumentati anche gli acquisti di prodotti biologici e senza glutine, cresciuti dal 20 al 90%. In quest’ultimo caso a comprarli non sono solo i celiaci, perché si è diffusa la convinzione tra la gente che fanno bene alla salute. Costano di più di quelli tradizionali, ma evidentemente non in tutti i settori i consumatori hanno deciso di risparmiare. Ciò si spiega anche per il fatto che è cresciuta l’attenzione per i prodotti di qualità.

Tra i prodotti in crescita anche quelli integrali, a base di farro e di farina di kamut, ma anche le birre rosse e quelle artigianali. Le abitudini di spesa sono cambiate anche per effetto della diminuzione demografica, l’innalzamento dell’età media e la presenza di tante famiglie mononucleo. Infine una curiosità: diminuisce anche l’acquisto di pasta.