Nel blitz erano finite in manette sette donne, accusate di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento e allo sfruttamento della prostituzione in diverse province d’Italia, da Genova, Savona e Imperia, in Liguria, passando per Grosseto, Prato, Firenze, Massa, Carrara e Marina di Massa, in Toscana, Faenza in Emilia nonché in Ciociaria dove l’organizzazione gestiva un appartamento in via Moro a Frosinone e due a Cassino in via Appia Nuova e via Terme.

Stando alle accuse il gruppo era in grado di rifornire un continuo ricambio delle prostitute, che si spostavano tra le varie regioni, per un guadagno giornaliero di circa duecento euro, di cui la metà andava all’organizzazione. La difesa aveva provato a respingere le accuse ipotizzando una sorta di “comune” tra le ragazze, ovvero un’organizzazione di mutuo soccorso per gestire la prostituzione, mediante la creazione di un fondo destinato all’affitto degli immobili e alle spese, ma tale tesi non aveva passato il vaglio della Corte d’appello che aveva ridotto la condanna di primo grado, pronunciata con il rito abbreviato.

A incastrare la donna le intercettazioni telefoniche, i servizi di osservazione nonché la documentazione contabile sequestrata negli appartamenti. Per l’accusa la Soares si muoveva in modo consapevole all’interno dell’organizzazione ritenuta capillare e verticistica nonché in grado di provvedere al reclutamento delle ragazze, al pagamento degli affitti e alla turnazione delle ragazze. La Soares in più era preposta alla direzione delle tre case di Cassino e Frosinone. Il ricorso, ritenuto inammissibile, è stato respinto con pagamento a 1.500 euro di spese.