Un ciuffo di capelli rossi che spunta dal passamontagna, i numeri di targa “anagrammati” di una Bmw bianca serie 1. Sono questi gli elementi che hanno portato la procura di Frosinone a scoprire la coppia che assaltava bar e paninoteche. In meno di una settimana nove colpi: tre riusciti e sei tentati, tra Veroli, Frosinone, Alatri, Anagni, Morolo e Patrica. Ieri all’ottavo piano del palazzo di giustizia, alla presenza del procuratore Giuseppe De Falco, del sostituto Barbara Trotta e di polizia e carabinieri è stata ricostruita l’intera vicenda che ha portato all’arresto di quella che è considerata l’autrice materiale di almeno sette colpi (tanti al momento le vengono contestati).

Individuato e denunciato anche il suo complice che le avrebbe fornito l’auto, la Bmw appunto, e l’avrebbe condotta sui luoghi delle rapine in diverse occasioni, ma non nell’ultima, quella che è costata l’arresto a Zeudi Segneri, 22 anni di Ceccano, finita a Rebibbia. Il denunciato è un frusinate di 30 anni, autista di un corriere. L’operazione è stata condotta congiuntamente dalla squadra mobile e dalle volanti della questura, dirette dai vicequestori Carlo Bianchi e Alessandro Tocco con i carabinieri dei Norm delle compagnie di Alatri, Anagni e Frosinone, diretti dal capitano Antonio Contente e dal luogotenente Giovanni Pizzotti, dal capitano Camillo Giovanni Meo e dal luogotenente Marcello Colella e dal maggiore Luca Ciabocco e dal luogotenente Angelo Pizzotti.

Il procuratore De Falco ha sottolineato la «condotta destabilizzante sotto il profilo della sicurezza pubblica» delle «ripetute aggressioni» di questi giorni. Al contempo, ha aggiunto che «l’arresto in flagranza è sintomo di impegno ed efficacia delle forze dell’ordine e dell’ottima sinergia operativa», lodando la «prospettiva unitaria» che ha mosso l’attività di indagine di carabinieri e polizia. Gli aspetti operativi delle indagini sono stati illustrati dal sostituto procuratore Barbara Trotta, che ha coordinato gli investigatori. «La raccolta degli elementi a supporto delle fonti di prova per l’identificazione è stata capillare. C’è stata una grande precisione nella raccolta degli elementi». Il capitano Antonio Contente della compagnia di Alatri ha illustrato il risultato delle ricerche della donna, dopo la segnalazione della tentata rapina al bar di Ferentino “Il cappellaio matto”. «Era un po’ di giorni che imperversava - ha spiegato - soprattutto nella zona di Veroli, ma anche a Morolo, Anagni, Supino. Questa volta gli è andata male: ha cercato rifugio in una zona isolata di Alatri (in località Castello di Tecchiena, ndr) dove è stata individuata dai carabinieri insospettiti dalla presenza di un’auto».

Era la Bmw bianca più volte segnalata dai testimoni dei colpi. «Chi sembrava più intraprendente era la donna», ha commentato Carlo Bianchi, dirigente della squadra mobile. Che ha individuato e bloccato il complice. «Abbiamo rintracciato il proprietario della Bmw che ha deciso di collaborare. Se falliva un colpo era lei a istigare. A lei servivano pochi euro, non grossi incassi: l’uso di crack crea dipendenze che mandano fuori di testa. Il ragazzo, invece, sembra sia stato spinto dal legame sentimentale: ha fornito l’auto, appoggi, l’ha accompagnata, in alcuni casi è sceso anche lui».

Una coppia all’apparenza normale, che non avrebbe destato alcun sospetto. Prima di ora nessun guaio con la giustizia, il che ha rallentato un po’ le operazioni di ricerca, di solito concentrate, almeno in un primo momento, su chi in passato ha compiuto gesti simili. Non a caso pochi sono stati gli elementi che hanno permesso di risalire alla coppia. «Lei era riconoscibile da pochi elementi - ha aggiunto il capitano Contente - aveva sempre il volto travisato, con un coltello da cucina da 34 centimetri e molta aggressività». Il vice questore Tocco ha poi spiegato: «I capelli rossi sono stati il primo elemento, ma importante è stata anche la collaborazione dei cittadini. Ben tre hanno reagito e l’ultimo ha tolto il passamontagna alla donna che, a quel punto, ha deciso di desistere». Della Bmw erano stati forniti i numeri centrali della targa, ma invertiti. Ma alla fine si è riusciti a risalire al proprietario e all’utilizzatrice.