Sequestrato un impianto per il trattamento di rifiuti speciali pericolosi. La procura di Frosinone, nell’ambito degli accertamenti seguiti all’inchiesta sulle autorizzazione integrate ambientali rilasciate dalla Provincia, è andata a spulciare i singoli atti per verificare la regolarità dei permessi concessi. Proprio esaminando la documentazione di una delle società beneficiarie di Aia, il sostituto procuratore di Frosinone, Rita Caracuzzo, la stessa che insieme al procuratore De Falco si è occupata del caso delle Aia, ha chiesto e ottenuto dal gip Pierandea Valchera il sequestro preventivo di un’area di 25mila metri quadrato a sant’Angelo in Villa, nel Comune di Veroli. Denunciati i due responsabili della società.

I carabinieri del Nucleo di polizia giudiziaria del tribunale e gli uomini della polizia provinciale di Frosinone, guidati dal luogotenente Pietro Piucci e dal capitano Pierfrancesco Vona hanno posto i sigilli a due impianti che, stando agli accertamenti, operavano con un avvio di procedimento emesso dalla Provincia. A quest’atto però non era mai seguita, come previsto dalla legge, l’autorizzazione del Suap del Comune di Veroli, tanto più che, a seguito dell’inizio dell’inchiesta sulle Aia, la stessa Provincia in autotutela aveva provveduto ad annullare l’autorizzazione.

Agli imprenditori verolani, che sono difesi dall’avvocato Fernando Picchi, è contestato il reato di gestione di rifiuti non autorizzata per aver depositato senza la necessaria impermeabilizzazione rifiuti derivanti da attività di demolizione edilizia e di pavimentazioni stradali, materiale ferroso, fusti metallici senza alcun sistema di contenimento degli sversamenti, materiali lignei e plastici, pneumatici e residui di combustioni. Per l’accusa i rifiuti pericolosi erano stoccati senza autorizzazione, mentre gli altri rifiuti erano trattati in maniera diversa dalle condizioni di gestione.

Agli imprenditori è anche contestato il fatto di non aver evitato la contaminazione dei rifiuti con gli scarichi delle acque delle precipitazioni atmosferiche. Così facendo i reflui erano convogliati nella rete fognaria e in parte nel suolo in violazione delle norme ambientali. Da qui il conseguente affidamento all’Arpa di ulteriori accertamenti per verificare se tale attività abbia prodotto o meno l’inquinamento anche delle falde acquifere. Carabinieri e polizia provinciale hanno sequestrato l’intera area di 25 mila metri quadrati, constatando anche il deposito di rifiuti in modo incontrollato.