Tanto tuonò che piovve. Acea ha presentato ricorso al Tar di Latina anche contro la delibera con la quale l’assemblea dei sindaci dell’Ato, lo scorso 18 febbraio, attivò l’iter per la risoluzione della convenzione in danno del gestore. Chiedendo un risarcimento di 10 milioni di euro per danni di immagine alla società. L’atto è stato notificato all’Autorità d’Ambito l’altro ieri. Si tratta del secondo ricorso al Tar, dopo quello contro il provvedimento con il quale i sindaci avevano detto no alla fusione tra Acea Ato 5 (Frosinone) e Acea Ato 2 (Roma).

I motivi In calce il ricorso reca la firma dell’ingegner Paolo Saccani, amministratore delegato di Acea Ato 5, naturalmente rappresentato dagli avvocati. Per Acea «la gestione ha avuto vicende complesse e difficoltose, principalmente da attribuirsi all’inerzia dell’Autorità d’Ambito nello svolgere il proprio ruolo istituzionale e le attività di propria competenza». Si fa riferimento a questioni già trattate dal Tar di Latina: come l’approvazione della tariffa per il periodo 2006-2011 e la nomina di un commissario.

A giudizio di Acea, prima di procedere attraverso l’Autorità d’Ambito e l’assemblea dei sindaci, un atto del genere andava approvato da tutti i consigli comunali del territorio. Questo perché la convenzione di gestione del2003 «è stata recepita dai singoli enti locali appartenenti al territorio dell’Ato 5 con apposita delibera di consiglio comunale». Rileva Acea: «Ebbene, a parte le poche delibere di consiglio comunale impugnate con il presente ricorso, la maggioranza dei Comuni presenti per mezzo dei propri sindaci alla conferenza dei sindaci non risulta abbia né previamente deliberato nei rispettivi consigli comunali la decisione in ordine all’avvio della procedura di risoluzione della convenzione di gestione, né incaricato il sindaco ad esprimere il voto - sia esso favorevole o contrario - in seno alla conferenza dei sindaci». Ma più in generale, anche con riferimento alle delibere approvate dagli altri Comuni, Acea pensa che ci sia stata «una acritica accettazione dei contenuti della relazione istruttoria predisposta dalla Sto». E sottolinea: «È evidente, quindi, che si è in presenza di provvedimenti volti esclusivamente a far cessare l’attività dell’attuale gestore e prescindere da qualsivoglia ragione concreta e, in ogni caso, avulsa dagli asseriti inadempimenti che, pertanto, costituiscono solo un pretesto per il perseguimento di uno scopo squisitamente politico».

La votazione

Come per la delibera sul no alla fusione, anche in questo caso la società che gestisce il servizio idrico accende i riflettori sulla votazione avvenuta per alzata di mano e non per appello nominale (74 sì alla risoluzione, 1 no e 11 assenti). Per Acea era fondamentale accertare il doppio quorum (presenti e popolazione rappresentata). Si legge nel ricorso: «All’inizio del dibattito viene effettuato l’appello ed il presidente accerta la presenza di 75 Comuni su 86... (ndr: poi) decide di procedere alla votazione per alzata di mano. Si tenga presente che tale modalità costituisce un unicum nell’esperienza della Conferenza, ed è singolare che sia utilizzata in un contesto così importante; si noti pure che per gli emendamenti era stata utilizzata la chiamata nominale; non procede con un nuovo appello, di tal che è impossibile determinare se, al momento della votazione, fossero presenti ancora 75 sindaci ovvero se qualcuno di essi si sia nel frattempo allontanato... Il file audio conferma come non si sia proceduto al contrappello al fine di verificare che tutti i sindaci inizialmente presenti lo fossero ancora e verificare il quorum dei votanti».

La richiesta dei danni

Per la società «gli atti impugnati producono un immediato e diretto danno all’immagine imprenditoriale di Acea Ato 5 spa, controllata in misura pressoché totalitaria da Acea spa quotata in mercati regolamentati». Prosegue il ricorso: «Si tratta di un danno gravissimo, per il quale si chiede un risarcimento di 10.000.000 di euro, con ampia riserva di ulteriore quantificazione e precisazione in corso di causa».

La lettera

A fine febbraio l’ingegner Paolo Saccani, amministratore delegato di Acea, aveva inviato una nota al presidente dell’Autorità d’Ambi - to, ai sindaci della Consulta e alla Segreteria Tecnico Operativa. Chiedendo l’annullamento in autotutela della delibera. E annunciando che, in caso contrario, Acea avrebbe proceduto con il ricorso al Tar e con la richiesta di danni di immagine. Nel ricorso la società scrive di aver effettuato, nel 2015, «investimenti per complessivi 17,7 milioni di euro, superiore del 90% agli investimenti compiuti nell’anno precedente e del 5% superiore all’ammontare complessivo degli investimenti previsti dal Piano approvato». Per Acea la risoluzione è una extremaratio «rispetto al verificarsi di situazioni che (in concreto, secondo una ponderata ed accertata valutazione), pongano in pericolo la continuità nell’erogazione del servizio o la qualità dei servizi erogati dal gestore». Conclude il gestore: «Nessuna di tali circostanze sono rinvenibili nel caso di specie». Ora la parola passa ai giudici del Tar.