Bulli con il telefonino che scambiano la realtà per gioco, filmano i coetanei più deboli in situazioni scabrose e poi, nella logica del branco, li umiliano diffondendo il video che poi rimbalza in chat o sui cellulari. Lo fanno realizzando gruppi anonimi su WhatsApp, pensando di poterla fare franca. Di questi e altri episodi di cosiddetto cyberbullismo se ne sta occupando la Questura di Frosinone. Non solo come opera di repressione ma anche per contrastare un fenomeno che sta dilagando in tutti gli istituti scolastici della Ciociaria. Sotto stretta osservazione gli studenti di una scuola del capoluogo.

L’indagine, alquanto delicata, non permette di rivelare più di tanto. Non fosse altro perché vittime e carnefici sono minorenni. Nel mirino dei bulli tecnologici sono finite alcune ragazzine. Le immagine inviate, secondo una prima ricostruzione, non rispondono alla realtà. Si tratta di fotomontaggi. Sotto attacco anche gli insegnanti. Pesanti le frasi che hanno ricevuto via chat. Tanto che i prof hanno deciso di creare una sorta di patto con la polizia di Stato. Una collaborazione diretta per stroncare atteggiamenti di ragazzini che, con il loro comportamento, rischiano di finire nei guai. Il fenomeno coinvolge studenti di un’età inferiore ai 18 anni, con una competenza informatica superiore alla media.

«Incapaci - spiega il vicequestore Cristina Rapetti, capo di gabinetto della Questura di Frosinone - di valutare la gravità delle azioni compiute. I ragazzi, tramite il telefonino cellulare, hanno diffuso immagini hot di compagne di classe, creando dei veri e propri fotomontaggi. Spesso e volentieri hanno inviato pesanti ingiurie anche ai loro professori». Il vicequestore Rapetti non intende rivelare più di tanto. «Sono questioni davvero delicate», si limita a dire. Nelle chat, a volte, si dichiarano disponibilità sessuali a nome delle compagne. «Il punto è che quando dopo una denuncia - spiegano dalla polizia - intervengono gli agenti per fermare azioni di bullismo, spesso si hanno delle reazioni di stupore, di vergogna e lacrime da parte dei cyber bulli più giovani che ovviamente non si sono resi conto di quanto fosse stato feroce il loro modo di prendere in giro qualcuno».

«I giovani – fa notare il vicequestore Rapetti - purtroppo tengono sotto silenzio molte delle prepotenze, non sapendo che esistono leggi per tutelarli». Perché in fondo la sofferenza di "leggersi" insultato sul web è motivo di vergogna, è testimonianza di debolezza che non si vuole confessare. E proprio nei giorni scorsi la dottoressa Rapetti ha partecipato ad un incontro, promosso dall’Istituto Comprensivo Primo di Frosinone, nell’ambito del Progetto di Educazione alla legalità e all’affettività, per gli alunni delle classi di seconda media. «La finalità – ha evidenziato - è stata quella di favorire lo sviluppo della competenza in materia di cittadinanza attiva, con comportamenti responsabili, ispirati alla conoscenza e al rispetto della legalità e della prevenzione della violenza, come bullismo e cyberbullismo».