Cartelle pazze sui rifiuti. Cartelle che farebbero impallidire un’impresa di medie dimensioni. Il caso arriva da Ferentino. Un’azienda proprietaria di un magazzino commerciale, con un ettaro di terreno, si è vista recapitare tre “avvisi di accertamento d’ufficio dell’importo dovuto e non versato e di irrogazione delle sanzioni e degli interessi”. E alla lettura degli importi il titolare a momenti aveva un mancamento. La prima cartella, per gli anni 2009-2010-2011 il totale da versare è di 482.407 euro; la seconda, per il periodo 2012-13 è di 357.385 euro; l’ultima, per il 2014, di 145.169 euro. Per un totale di 984.961 euro.

A voler pagare subito, senza battere ciglio, evitando di intraprendere le vie giudiziarie, ci sarebbe uno sconto di circa il 30%. In tal caso, per mettersi in regola con la tassa dell’immondizia, basterebbero “solo” 690.806. Nella motivazione del concessionario per la riscossione della Tarsi, la Tre Esse Italia srl, si legge che «a seguito dell’attività di verifica e di controllo dei locali e delle aree scoperte e della loro destinazione, e oltremodo mediante l’analisi della documentazione fornita dall’Agenzia delle Entrate, questo ente ha provveduto ad incrociare i dati acquisiti con quelli presenti negli archivi comunali al fine di verificare la posizione contributiva dei soggetti passivi».

Dalle verifiche al contribuente vengono contestati l’omessa denuncia e l’omesso versamento. A leggere attentamente le cartelle bisognerebbe dunque versare quasi 120.000 euro di sanzioni, 27.998 euro di interessi e 416.068 euro di sanzioni per omessa denuncia. Un bel salasso anche per imprese di grandi dimensioni, figuriamoci per un’attività commerciale che, a pagare una somma del genere, rischia di chiudere i battenti. «Abbiamo agito in autotutela chiedendo al Comune spiegazioni - afferma per l’azienda, l’avvocato Filippo Collalti - Ci hanno risposto che l’importo è dovuto. Abbiamo allora deciso di far ricorso alla commissione tributaria».

Piccolo particolare: per ogni cartella solo di contributo unificato l’impresa dovrà pagare 2.250 euro. Logico pensare che, chi non li ha, è destinato a fallire. Ma com’è stata quantificata una cifra simile? «Anche il terreno è stato considerato come immobile», conclude l’avvocato. Inoltre all’azienda è stato contestato di non aver presentato la denuncia con tanto di indicazioni catastali dell’immobile. E il caso non sarebbe isolato. Sul tavolo del legale sono pronti altri ricorsi.