Non è la prima Catilinaria ma poco ci manca. Si affida a un altro ciociaro come Cicerone il procuratore generale della Corte d’appello di Roma per rafforzare le accuse contro Franco Fiorito. Il sostituto procuratore generale Pietro Catalani cita il “De Republica” dell’oratore romano per chiedere una condanna più pesante di quella inflitta in primo grado contro l’ex capogruppo regionale del Pdl: sei anni rispetto alla pena di tre anni e quattro mesi inflitta in primo grado con il rito abbreviato.

Si tratta del processo per il peculato legato alle spese pazze del gruppo Pdl alla Regione Lazio. Il magistrato ha richiamato il concetto di res publica di Cicerone per ribadire il corretto comportamento al quale devono attenersi i rappresentanti della politica, in considerazione del fatto che gli eletti rappresentano il popolo e che lo Stato si rappresenta nel popolo. Ha poi rincarato la dose ragionando nel senso che il diffuso malcostume della politica di questi anni mina alle basi le regole della democrazia, arrivando a definire eversivo un tale comportamento.

Venendo poi alle argomentazioni di diritto, l’accusa sostiene con forza l’ipotesi di peculato sulla scorta di alcune pronunce della Corte di Cassazione, pur non rivestendo Fiorito una qualifica di pubblico ufficiale in virtù dell’origine del denaro, erogato a un partito politico e del ruolo di amministratore dello stesso imputato. Tenuto - ha ribadito il magistrato - all’osservanza delle leggi anche oltre il mero rispetto formale. Nel quantificare la pena, il procuratore generale ha ritenuto erroneo il calcolo effettuato dal giudice di primo grado in particolare nell’attenuante della restituzione del denaro (a Fiorito si contesta l’essersi appropriato di un milione e 300 mila euro di fondi del Pdl tra il 2010 e il 2012). Questo perché l’accusa ritiene si sia trattato di un’abile manovra difensiva e non di un comportamento genuino.

Da qui la richiesta a sei anni, uno in più rispetto alla conclusione effettuata dal pm in primo grado. Fiorito, che è assistito dagli avvocati Carlo Taormina e Enrico Pavia, ha preannunciato di voler rendere spontanee dichiarazioni alla prossima udienza, il 7 aprile. A Fiorito viene contestata una serie di spese, con i fondi del partito, tra cui una jeep (poi restituita) e viaggi, nonché il trasferimento su altri fondi, anche all’estero.