Un lager per pazienti disabili. Era questo, chiuse le porte del centro d’eccellenza, l’Eugenio Litta di Grottaferrata. Lo stesso a cui con grande sacrificio una famiglia del Cassinate aveva affidato il proprio bambino, convinti che quegli educatori tanto preparati potessero aiutarlo nella sua importante disabilità. A fare la terribile scoperta ieri mattina è stata proprio la madre del ragazzino cassinate. Quando su internet ha letto dell’operazione del Nas all’interno della struttura dove si trovava suo figlio con l’esecuzione di 10 ordinanze di custodia cautelare a carico di operatori e assistenti socio-sanitari per maltrattamenti aggravati e sequestro di persona, ha lasciato perdere ogni cosa eha sperato che non fosse vero. Le immagini di quei bambini picchiati e seviziati, purtroppo, hanno lasciato davvero pochi dubbi.

La scoperta

Nonostante le immagini lavorate dal Nas per proteggere l’identità delle vittime, il cuore di mamma non ha avuto dubbi: tra quegli ospiti - 16 ragazzi di età compresa tra gli 8 e i 20 anni - picchiati con i manici delle scope, insultati, minacciati e persino rinchiusi nelle loro stanze c’era anche suo figlio. L’orrore di quelle scene raccapriccianti le si è presentato senza filtri. E alla rabbia e all’indignazione collettiva si è aggiunto il dolore di una madre. La famiglia ha subito chiesto, attraverso gli avvocati Alessandra Salera e Laura Russo, di andare fino in fondo. Necessario un accesso agli atti per recepire le immagini da analizzare. I genitori del Cassinate avevano scelto quella struttura, con tanti sacrifici (il ragazzo era ricoverato stabilmente e seguiva fino al venerdì un percorso di studi e di cure) perché ritenuta un polo d’eccellenza. Nessuno avrebbe immaginato che dietro referenze tanto rassicuranti si celasse un vero e proprio lager per ragazzi disabili.

L’indagine

Le attività investigative sono andate avanti per circa tre mesi. Forse le violenze per molto più tempo. Le principali figure coinvolte nella vicenda, quelle di un educatore professionale e un assistente socio sanitario: i più violenti. Ma in tutto sono 10 le ordinanze di custodia cautelare. E altre 6 le posizioni ancora al vaglio della magistratura.