Anche la Procura di Frosinone mette gli occhi sul progetto per la costruzione della centrale a biomasse in via Mola D’Atri, nella zona industriale, a metà strada tra l’aeroporto militare e il centro commerciale “Le Sorgenti”. Nei giorni scorsi la polizia giudiziaria, su delega della magistratura, ha fatto visita agli uffici del Comune di Frosinone per acquisire tutta la documentazione riguardante il progetto. 

L’amministrazione comunale ha deciso di sospendere il provvedimento autorizzativo in via cautelare per sei mesi. In attesa di vedere come andrà a finire, la Procura vuole vederci chiaro nell’ambito dei controlli più generali condotti dalla Forestale sull’inquinamento. L’autorizzazione era arrivata lo scorso dicembre. La potenza prevista è di 999 kilowattora, energia che verrebbe prodotta mediante la combustione di materiale legnoso. Le biomasse rientrano nelle energie rinnovabili, ma il problema delle emissioni resta. L’Arpa in sede di conferenza di servizi ha posto alcune prescrizioni.

La messa in funzione della centrale, ad esempio, dovrebbe comprendere un sistema di teleriscaldamento a favore di enti pubblici che beneficiando dell’energia prodotta dall’impianto a biomasse potrebbero spegnere i propri impianti. In questo modo l’emissione delle polveri sottili verrebbe bilanciata. Nell’autorizzazione rilasciata dal Comune si precisa che il Piano di risanamento della qualità dell’aria del Lazio concede cinque anni per raggiungere il bilancio emissivo nullo dei più pericolosi agenti inquinanti.

Il pessimo stato di salute dell’aria di Frosinone e dintorni può permettersi di aspettare tutto questo tempo? E se non venisse rispettato? L’azienda verrebbe chiusa seduta stante? Al netto di questi interrogativi, ad oggi però non c’è traccia di alcuna convenzione per il teleriscaldamento e non si è capito nemmeno se vi siano le condizioni per attuarle. Va aggiunto pure che il Piano di risanamento dell’aria del Lazio risale ormai al lontano 2009 e fotografa una situazione che nel frattempo sembra essere peggiorata. E in questo senso, non a caso, l’Unione Europea non lascerebbe spazi di manovra. Una direttiva comunitaria, infatti, vieta la costruzione anche di impianti di questo tipo in zone che non rispettano determinati standards di qualità ambientali. Gli accertamenti disposti dalla Procura sono finalizzati a verificare anche la legittimità degli atti rilasciati dagli enti che si sono occupati del rilascio delle autorizzazioni, dalla Provincia di Frosinone all’Asi.