«Chi sa, parli». à stato questo lâultimo appello lanciato dallâex procuratore di Cassino, Mario Mercone, prima di accingersi a chiedere lâarchiviazione sullâomicidio Mollicone. Il magistrato puntava il dito contro il muro di omertà oltre cui ancora si trincera il mistero sullâuccisione di Serena. Vero, come è altrettanto indubitabile che spesso, quando qualcuno si è fatto avanti per raccontare dettagli che avrebbero potuto avere uno sviluppo investigativo, si sono registrati strani episodi, poco incoraggianti a eventuali collaborazioni.Â
La controinchiesta
Sviste, omissioni o, peggio ancora, depistaggi? Ci sono carte che mettono di fronte a inquietanti interrogativi. Le carte, ad esempio, sulle quali ha acceso i fari il pool difensivo di Maria Tuzi, la figlia del brigadiere Santino morto suicida lâ11 aprile del 2008. Lâavvocato Rosangela Coluzzi e la criminologa Sara Cordella hanno condotto una sorta di controinchiesta che, entro primavera, porterà alla richiesta di riapertura delle indagini sul suicidio di Tuzi.Â
Lo scotchÂ
Nel dossier, tra le altre cose, spicca la ricostruzione del dettaglio del nastro adesivo ghost, lo stesso trovato nel cassetto di una casa abitata dal carrozziere di Carmine Belli, incriminato e poi scagionato per lâomicidio. Ebbene lo scotch, che risultò avere elevata compatibilità con quello usato per legare Serena, potrebbe tornare sulla scena delle indagini.Â
Il trasloco dei Mottola
Nel corso degli accertamenti sul suicidio Tuzi venne sentito un amico del brigadiere che in tv aveva dichiarato che la morte di Santino era da collegarsi allâomicidio Mollicone. Chiamato dai carabinieri, lâamico di Santino ritrattò ma poi aggiunse: «Mi ricordo di aver parlato con lui (Tuzi, ndr) del nastro adesivo. Io infatti avevo pensato che siccome il carrozziere Carmine Belli, da come si diceva e si leggeva sui giornali era stato incriminato perché gli avevano trovato lo stesso tipo nastro usato sul corpo di Serena Mollicone e che un suo lavorante Alessandro e insieme a Rocco avevano aiutato il maresciallo Mottola nel trasloco della sua casa dalla vecchia alla nuova caserma, e mi sembra che uno dei due si era procurato presso la carrozzeria di Belli, il nastro che gli occorreva per gli imballaggi». Una dichiarazione, tutta da verificare, che però aveva e ha una portata investigativa non peregrina in quanto forniva e fornisce lo spunto per un ipotetico trait dâunion tra la prima inchiesta (a carico del carrozziere Belli) e la seconda (a carico della famiglia Mottola) sul delitto Mollicone.Â
Lâomissione
Ma câè unâaltra ragione che potrebbe riportare dâattualità il verbale dellâamico di Santino e il particolare del nastro adesivo. E qui si entra in unâaltra delle zone oscure delle indagini. Sia nella richiesta di archiviazione del fascicolo su Serena che in quella del fascicolo di Santino, infatti, le dichiarazioni dellâamico del brigadiere vengono riportate in maniera precisa fatta eccezione per un dettaglio: il collegamento con il trasloco nella casa del maresciallo Mottola. Questa circostanza scompare e si parla semplicemente di «imballaggi». Perché questa omissione? Furono i carabinieri, sottoposti di Mottola, a omettere il particolare nellâinformativa inviata alla Procura? E se sì, perché? Perché, ancora, se non câera nulla da nascondere, i carabinieri non si precipitarono a sentire il lavorante di Belli e lâaltra persona che si occuparono del trasloco? Tante, troppe, le domande ancora senza risposta. E molte di queste sembrano andare sempre nella stessa direzione.Â