Spesso sentiamo dire o leggiamo sui giornali che il cervello dei bambini è cambiato e che i bambini sono più svelti e attenti di quelli di prima.

Tutto ciò è confermato scientificamente: il cervello dei bambini post-moderni è cambiato, si parla di una nuova modalità di apprendere, quella multitasking.

I bambini possono fare più cose contemporaneamente (ascoltare musica, studiare, guardare un film ecc) tenendo attivi più canali sensoriali e motori.

Se da una parte il multitasking è funzionale, dall’altra no perché oggi i bambini hanno difficoltà a mantenere fissa l’attenzione verso un solo stimolo.

La nuova generazione, abituata al progresso tecnologico digitale, è improntata sul “tutto e subito”, ciò comporta delle serie difficoltà a gestire la noia e la frustrazione.

Non esistono più attese, tempi e immaginazione che sviluppano nel bambino processi per poterle affrontare.

Pertanto, spesso mi capita di parlare con genitori e di affermare ripetutamente che i bambini devono poter sperimentare almeno una volta nell’arco di una giornata la noia. In questo caso la noia è “riparatrice e funzionale”.

Dunque, oggi si parla di un grande cambiamento a livello psicosociale e antropologico.

I bambini vengono definiti “i nativi digitali”, ossia quelli nati in questa epoca che hanno modalità diverse anche di relazione a causa di questa iperconnessione con il mondo digitale.

Ci sono poi gli “Immigrati digitali” ossia noi, che stiamo imparando a vivere in questo nuovo mondo cercando di adattarci più velocemente possibile.

Infine, ci sono i pre-digitali ossia quelle persone che non si sono adattate perché troppo resistenti e lente a questo tipo veloce di cambiamento.

Il mondo post-moderno è fatto di “liquidità relazionale e affettiva”, come dice ZygmuntBauman portando con sé la perdita dell’empatia e dell’autenticità della relazione. Bauman parla di “rottura di circuiti della solidarietà”, ossia della perdita dell’intimità, della profondità nell’incontro con l’altro, della capacità di guardarsi negli occhi e capirsi.

È sbagliato opporsi completamente a questa nuova rivoluzione digitale per tanti motivi, uno di questi è perdere ad esempio il contatto con la realtà che ci circonda restando fuori da alcune dinamiche che ormai sono parte di noi e di come ci muoviamo, ma altresì è importante salvaguardare la profondità del rapporto umano fatto di incontro reale, emozione e autenticità.

Mi piace concludere con il pezzo finale di una frase di Vittorio Guidano, medico psichiatra post-razionalista: “… sono le emozioni a cambiare le emozioni”.

Non basta una “connessione digitale” per poter “sentire” la magia dell’incontro con l’altro. Quindi, bisogna poter salvaguardare questo prezioso modo di essere unico della razza umana, per poter insegnare ai bambini di domani che esiste anche l’essere umano fatto di emozioni e di amore autentico e profondo.