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Frosinone

Torturato, minacce al telefono

Anche chiamate collettive per intimidire il giovane di Arce che aveva un debito di droga da 1.600 euro. Ieri l’interrogatorio di garanzia dei tre arrestati

Torturato, minacce al telefono

Sequestrato e torturato per un debito di droga da 1.600 euro, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere i due uomini arrestati. La donna, invece, ha rilasciato una dichiarazione per dire che non sapeva cosa ci fosse dietro a questa storia.
Mercoledì mattina, i carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Frosinone hanno dato esecuzione a una misura cautelare, firmata dal gip del tribunale di Roma, nei confronti dei frusinati Christian Iaboni, 34 anni, Antonia Luburdi, 34, e dell’alatrense Luca Pavia, 31, attuale compagno della donna. Sono in carcere con l’accusa - i due uomini - di sequestro di persona, tortura, tentata estorsione e detenzione e porto illeciti di una pistola, mentre la misura a carico della donna è stata applicata per sequestro di persona.

La denuncia è stata presentata, lo scorso gennaio, da un giovane di Arce, che aveva un debito residuo da 1.600 euro (rispetto agli iniziali 20.000), risalente agli anni 2018-2019, per delle forniture di droga. Per costringerlo a pagare - ha scritto nella querela - sarebbe stato prelevato da casa ad Arce, portato al Casermone per essere picchiato e legato a una ringhiera, al sesto piano del palazzo, nella notte tra l’8 e il 9 gennaio al gelo (visto che da casa era stato prelevato in pigiama). La vittima aveva raccontato anche di essere stato costretto a pagare, tramite versamenti su varie Postepay intestate verosimilmente a prestanomi, una somma superiore al debito contratto. Essendo ipotizzato il reato di sequestro di persona l’inchiesta è stata coordinata dalla Direzione distrettuale Antimafia di Roma e si è proceduto all’arresto senza interrogatorio preventivo.

Ieri, infatti, si svolti ieri gli interrogatori di garanzia: Iaboni e Pavia hanno scelto di non rendere dichiarazioni, avvalendosi della facoltà di non rispondere, la donna, invece, ha fatto riferimento al fatto di non conoscere i pregressi tra gli indagati e la persona offesa. Sono assistiti dagli avvocati Marco Maietta e Enrico Pavia. In base alle accuse, il giovane di Arce avrebbe subito «acute sofferenze» e «un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona». Tanto più che le violenze e le minacce (effettuate anche con chiamate collettive) si sono concretizzate in più momenti con il clou dell’aggressione subita da un gruppetto di cinque-sei persone fra cui una armata di pistola. Si tratta di soggetti non ancora identificati, mentre l’arma non è stata ritrovata.

Nel decidere per il carcere il giudice ha considerato gli indagati particolarmente determinati a raggiungere i loro scopi e anzi di essere pronti a tutto pur di ottenerli, manifestando anche una «particolare pervicacia». Propositi peraltro proseguiti anche dopo l’intervento dei carabinieri ad Arce e la presenza di alcuni vicini di casa. Per l’accusa, inoltre, i due uomini avrebbero contatti con circuiti in grado di rifornirli di armi, a riprova di una «alta caratura criminale». Evidenziata anche una condanna, a due anni, pronunciata dal gup del tribunale di Frosinone, il 23 dicembre 2022 a carico di Iaboni per l’operazione “Seven”. Allo studio degli investigatori dell’Arma le celle telefoniche agganciata da indagati e vittima nonché le ricariche effettuate alle carte Postepay nei giorni successivi al sequestro di persona.

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