Spazio satira
Province al bivio
20.10.2024 - 18:39
Roncadelle è un comune di 9.000 anime che si trova nel Bresciano e che, nella recente Olimpiade di Parigi, ha collezionato un record tanto singolare quanto prestigioso: tre medagliati con il metallo più prezioso come Giovanni De Gennaro nel kayak, Alice Bellandi nel judo e Anna Danesi nel volley. Ma non solo Roncadelle. C’è anche Brembate di Sopra, centro di 8.000 abitanti della provincia di Bergamo, che ha potuto vantare i fratelli Anna e Simone Consonni medagliati, un oro la prima e un argento e un bronzo a squadre, il secondo, nel ciclismo. E Frosinone e la Ciociaria? Si sono dovute accontentare del 53º posto nel golf della fiuggina Alessandra Fanali.
Perché in Ciociaria si fatica a far crescere campioni e non solo? Una prima risposta la fornisce lo studio sull’indice di sportività delle province che, ogni anno, viene elaborato dal Sole24Ore, e che, nell’ultima edizione, pubblicata pochi giorni fa, ha collocato la Ciociaria al 78º posto. La penuria della qualità di spazi fruibili per l’attività agonistica e amatoriale pesa in maniera preponderante e costituisce, troppo spesso, un disincentivo alla pratica sportiva con tutto ciò che ne consegue anche in termini di stato della salute generale della popolazione, dal momento che, è risaputo, che l’attività motoria fa bene al corpo e alla mente. In quanti rinunciano a fare sport per mancanza di spazi adeguati? Tanti, troppi forse. Le società spesso non vengono messe in condizione di formare al meglio i propri tesserati e gli amatori di curare il fisico e la mente. A questo punto, come diceva Lubrano, la domanda nasce spontanea: come sta l’impiantistica sportiva in provincia di Frosinone? Tra cattedrali nel deserto, strutture fatiscenti e inadeguate e qualche eccellenza, il quadro non è dei migliori. Ci sono luci e ombre.
Frosinone: poche luci, molte ombre
Il vero fiore all’occhiello del capoluogo e non solo è rappresentato dallo stadio comunale “Città di Frosinone - Benito Stirpe” apprezzato in tutta Italia grazie all’esposizione mediatica offerta dalla Serie A (ben tre volte) e dalla Serie B conquistate con grande merito dal Frosinone Calcio negli ultimi venti anni. L’impianto, contrariamente a un certa vulgata cavalcata anche dai media nazionali in maniera del tutto erronea, è di proprietà del Comune di Frosinone e non dell’attuale gestore, che lo ha completato e che lo ha in concessione esclusiva per altri 40 anni. Un impianto di terza generazione, omologato anche dall’Uefa per gli incontri internazionali, una struttura all’avanguardia, moderna e confortevole. Lo stadio “Città di Frosinone - Benito Stirpe”, ultimato tra il 2015 e il 2017, struttura all’avanguardia ed inserita nella lista dei 27 nuovi migliori stadi del mondo per l’attribuzione del prestigioso “Stadium of the year 2017”, risulta essere il quarto impianto gestito direttamente da un club calcistico in Italia. Sono 16.227 i posti a sedere, tutti al coperto, rispettivamente divisi in cinque settori. In più 16 palchi da 8 posti l’uno e un palco centrale da 16 posti. Per vivere lo stadio come un’esperienza unica, ci sono a disposizione anche 10 box da 16,5 mq con una capienza di 8 posti l’uno. E poi con uno stile esacromatico a motivo sfalsato, moderno e accattivante, l’impianto consente al tifoso di vivere in pieno le emozioni del match, grazie alla distanza dal terreno di gioco ridotta a soli 7 metri, ma soprattutto un’esperienza priva di barriere.
Ci sono, poi, sei punti bar. Nella pancia dell’impianto si trovano un ristorante, la media house, con una sala conferenze da 90 posti, una sala lavoro dedicata ai giornalisti, la mixed zone di 91 mq, che può ospitare oltre dieci postazioni stampa oltre a un’area hospitality (Guest Area) situata al piano rialzato.
Ci sono voluti 45 anni per avere un nuovo stadio per il calcio a Frosinone. Una vera e propria traversata nel deserto, ma il reale valore di un’impresa che sa di titanico non sta, in verità, nel risultato finale, bensì nel percorso che ha portato alla realizzazione del “Città di Frosinone - Benito Stirpe”. L’impianto nasce, infatti, dalla collaborazione tra pubblico e privato. Un caso di scuola. Un gioco di squadra virtuoso, una staffetta che ha avuto il sapore del trionfo, del riscatto di un territorio troppo spesso dileggiato e vittima di stereotipi. Un’opera pubblica, completata e gestita da un privato (Frosinone Calcio e Tis), figlia dell’intelligenza, della laboriosità di amministratori, professionisti e semplici operai di questa terra, perché il know how e la manifattura sono tutti made in Ciociaria. Un valore questo prima economico e poi sociale, che ha visto la sinergia tra l’allora sindaco Nicola Ottaviani e il presidente Maurizio Stirpe.
I sorrisi, però, finiscono qui. Rimanendo nei pressi dello stadio di calcio, su viale Olimpia insistono altre due strutture importanti, che non vivono, però, i loro giorni migliori: lo stadio del nuoto e il palasport “Città di Frosinone”. La vicenda dello stadio del nuoto, inaugurato nel 2009 per i mondiali di nuoto di Roma e che ha ospitato eventi internazionali, è davvero surreale, essendo passato, negli ultimi due anni e mezzo, dalle stelle alle stalle con la ingloriosa chiusura per mancanza di un gestore, lasciando a casa 1.500 utenti, parte dei quali ha cercato di trovare collocazione altrove, e realtà agonistiche della pallanuoto. Una storia di inerzia, un disastro amministrativo con pochi precedenti. Il quinto polo natatorio italiano, infatti, da agosto scorso è inattivo, dopo che la Fin ha deciso di interrompere anticipatamente il rapporto con il Comune di Frosinone proprietario della struttura. Nel mirino della critica politica e cittadina è finito il delegato all’impiantistica sportiva, Francesco Pallone.
Il principale rimprovero rivoltogli è stato quello di non aver, in due anni e mezzo, approntato un bando per una gestione di lungo periodo e di aver proceduto a forza di proroghe emergenziali con scadenze a un anno, una volta esaurita la convenzione originaria decennale, senza fornire la possibilità di una programmazione di medio e lungo termine per i gestori dell’impianto. Ora, c’è stata una nuova proroga. C’è anche un aggiudicatario dell’affidamento temporaneo di 12 mesi (la Bellator Frusino Pallanuoto), ma, a quanto pare, lo stadio del nuoto non riesce a riaprire, perché il Comune, in due anni e mezzo, non è riuscito ancora a riparare il tetto dal quale, nei giorni di pioggia, si originano copiose infiltrazioni d’acqua negli spogliatoi e nella zona della tribuna. Servirebbero 40.000 euro per gli interventi di manutenzione straordinaria (i soldi ci sono nelle casse comunali?) e l’affidamento dei lavori. Potrebbe pensarci il privato, ma sarebbe da parte del Comune l’ennesima brutta figura in questa vicenda e l’ennesima dimostrazione di non saper risolvere i problemi. Nel frattempo, l’impianto è chiuso.
Il palasport, gestito eroicamente dalla Scuba, meriterebbe un intervento consistente di valorizzazione da parte del Comune. Inaugurato nel 2007, con i suoi 3.000 posti a sedere ha vissuto, negli anni scorsi, giornate gloriose, vedendo la serie A di pallacanestro con il Basket Veroli, la serie A di volley femminile con l’Ihf Frosinone e una Supercoppa di Lega di pallavolo. Oggi, all’interno ospita, oltre al basket, anche il calcio a 5 e la gloriosa Scherma Frosinone. Una struttura che oggettivamente appare sovradimensionata rispetto alle attuali potenzialità dei club. Il palasport inizia a mostrare tutti i suoi anni e necessiterebbe di un bel maquillage.
Poi, c’è il polivalente di viale Mazzini, gestito dalla Bellator Pallanuoto, la stessa società che è in attesa di poter riaprire lo stadio del nuoto. Il club, più di due anni fa, aveva presentato una proposta di project integrato con l’impianto di viale Olimpia per valorizzare entrambi i poli, ma il Comune, dopo un’istruttoria a dir poco lenta e farraginosa, non l’ha ritenuta idonea. Alla fine il risultato è che la piscina del polivalente, che è di proprietà comunale, ha bisogno di alcuni interventi e che nello stadio del nuoto piove a catinelle. A quando i lavori? E con quali soldi? Ad ogni seduta consiliare di question time si sente dire: ci stiamo lavorando. Sarà pure vero, ma i risultati non si vedono.
Passando all’atletica, il campo “Zauli” di via Marittima, gestito da un ente di promozione sportiva, vive di annunci. A maggio scorso, l’amministrazione comunale aveva comunicato urbi et orbi il rifacimento della pista, grazie all’aiuto della Regione e di “Sport e Salute” (perché, poi, Sport e Salute dovrebbe investire soldi in un impianto che non è il suo, nessuno lo ha spiegato). Ma le parole le ha portate via il vento e il vecchio campo Coni rimane in attesa, perenne attesa. Nel frattempo è stata anche bocciata una richiesta di finanziamento del Comune (il piccolo Comune di Esperia invece ce l’ha fatta) nell’ambito del bando “Sport e periferie” per la riqualificazione dello “Zauli”. Di chi la colpa? Nessuna assunzione di responsabilità.
Infine, la palestra Coni. Chiusa dal 2018 per volere del proprietario (il Coni), che ha rivoluto le chiavi dal Comune e nella quale si allenavano tante piccole realtà sportive, che nell’impianto di piazza Martiri di Vallerotonda avevano trovato la loro migliore collocazione, doveva essere oggetto di un importante progetto di riqualificazione grazie alla collaborazione tra Comune, Regione e “Sport e Salute”. Anche in questo caso, dopo la firma del protocollo e le tante dichiarazioni trionfalistiche, è seguito il nulla. Incertezza totale sul costo dei lavori, visto che tanti sospettano che il fondo originario di 543.000 euro (fermo al 2021) non sia più capiente alla luce dell’aumento dei prezzi dei materiali e del costo della manodopera, e sui tempi di riapertura. Ma a specifica domanda, la risposta è sempre la stessa: ci stiamo lavorando. E i campi di calcio di corso Lazio? Hanno bisogno di un restyling. C’è una proposta di project financing per la riqualificazione depositata dall’Accademia Frosinone quasi un anno fa, ma dell’istruttoria di valutazione non v’è traccia. Sembra un film già visto...
Da questo quadro cosa emerge in definitiva: Frosinone avrebbe grande potenzialità, ma servirebbe un’attenzione maggiore da parte del Comune verso il proprio patrimonio, per mettere i gestori nella migliore condizione di operare e per incentivare la pratica sportiva e per aiutare le società sportive a raggiungere risultati sempre migliori.
Cassino, la piscina diventa un cinema
Fino a poco tempo fa la “grande incompiuta” di Cassino, quando si parla di impianti sportivi, poteva a buona ragione essere considerata l’ex piscina comunale. Anzi, lo scheletro dell’ex piscina comunale. Oggi, anche grazie all’impulso di dotare la città di impianti ricreativi moderni e all’avanguardia, al posto dello scheletro dell’ex piscina comunale sorgerà finalmente il multisala, progetto fortemente richiesto dalla comunità. E i lavori, salvo intoppi inattesi, inizieranno nei primi mesi del 2025. Nodo ancora irrisolto quello legato alla costruzione del nuovo palazzetto dello sport per le partite della Virtus Cassino, storica e apprezzata squadra di pallacanestro della città martire. Quello attuale consente solo gli allenamenti ma non le partite disputate invece a Scauri, per motivi differenti (secondo società e amministrazione). Resta comunque la necessità di costruire una struttura ad hoc: messa a disposizione un’area sulla quale potrebbe essere installata una tensostruttura. Ma questa pare essere una soluzione che non convince. E si spera in un prossimo progetto in grado di mettere tutti d’accordo.
Il caso Ceccano
La nevicata del 2012 ha determinato il crollo della copertura del palazzetto dello sport di Ceccano. Per fortuna il disastro avvenne di notte con la struttura vuota. Il cedimento è datato 3 (o il 5 secondo una perizia) febbraio di quell’anno. Da allora nessuno ha calcato più il parquet ceccanese dove una volta si giocava a basket, pallavolo, pallamano, si allenava la squadra di rugby o si praticavano boxe, arti marziali e tiro con l’arco. La struttura ospitava anche squadre provenienti dal resto della provincia. Da allora c’è stato un processo, conclusosi senza colpevoli, mentre dall’impianto sono stati rimossi i rottami. Nella struttura, ora in abbandono, sono nati perfino degli alberi.
Il paradosso di Veroli
A Veroli c’è il paradosso sulla struttura del “Palacoccia”. Fino a poco tempo fa il Palacoccia veniva presentato come uno dei palazzetti dello sport tra i più esemplari in tutta la provincia, e non solo, che sarebbe potuto diventare un punto di riferimento dell’intera Ciociaria. Una struttura che, per spazi, capienza, progettazione, caratteristiche, era stato sempre considerato la seconda nel Lazio dopo il PalaLottomatica di Roma, per ospitare eventi sportivi di primo livello. Parliamo del Palasport, in via Aia dei Franchi, che per anni ha riempito le vecchie tribune di tanti spettatori che seguivano la serie A2 di Basket. Una struttura in cui sono stati giocati anche altri sport e che ha ospitato campionati importanti anche a livello internazionale. Ma poi le luci si sono spente, le porte chiuse. Il palazzetto dello sport viene aperto per poche e sporadiche occasioni, nonostante le grandissime potenzialità dell’opera.
La struttura esterna, l’ampio parcheggio, vengono sfruttati per eventi musicali, tra cui l’appuntamento di successo del Tarantelliri Festival, ma per quanto riguarda l’utilità per cui è nato e si è lavorato per farlo tornare ad essere, in maniera ancora più importante, uno dei palasport fiori all’occhiello della Ciociaria, i fatti parlano di altro. Non viene utilizzato come ci si aspettava quando sono state buttate le basi per la nuova apertura, dopo importanti lavori e tutte le aspettative su quella che resta un’opera dalle grandissime potenzialità. Ne sono dimostrazione le iniziative, le manifestazioni culturali e di aggregazione svolte anche nell’ultimo periodo. Ma di sport, di concreta funzionalità per le attività sportive, di tornare ad essere punto di riferimento per le tante realtà del territorio ciociaro e non solo, neanche l’ombra.
Alatri: sogni appesi e delusioni cocenti
Il vecchio campo “Chiappitto” che attende la fine dei lavori di ristrutturazione. Il nuovo “Franco Evangelisti” che aspetta il decollo definitivo. La piscina comunale che resta una ferita aperta nel tessuto cittadino. Questa la situazione dell’impiantistica sportiva alatrense tra qualche luce e alcune ombre. L’amministrazione sta pressando per il completamento del “Chiappitto”, in ritardo sul cronoprogramma.
Nel frattempo la squadra di calcio locale è emigrata temporaneamente a Guarcino e non sta usando più, per le gare ufficiali, il “Franco Evangelisti” che ancora non ha trovato una sua collocazione definitiva nel panorama sportivo alatrense. Tornerà nel dimenticatoio e ad essere usato anche come pascolo per le greggi? Ci auguriamo di no, chiaro. Capitolo a parte merita la piscina di via della Sanità. Chiusa al pubblico, versa ormai in condizioni deprecabili. Il rischio, adesso, non è più legato solo ad una mancata riapertura (che appare sempre più lontana), ma al fatto che forse occorrerà ricostruirla daccapo.
Edizione digitale
I più recenti
Ultime dalla sezione