«I tre Mottola». Li chiama così il gip Angelo Valerio Lanna. à su si loro, oltre che contro ignoti, che bisogna continuare ad indagare per cercare la verità sullâomicidio di Serena Mollicone. Secondo il giudice del Tribunale di Cassino a carico dellâex comandante dei carabinieri di Arce Franco Mottola, del figlio Marco e della moglie Anna Maria permangono «svariate piste investigative» da seguire.Â
Serena in caserma
Nella sua argomentazione il gip parte da un dato incontrovertibile. Alle ore 11 del primo giugno 2001 Serena si reca alla caserma dei carabinieri di Arce. Circostanza confermata da diverse dichiarazioni, compresa quella del brigadiere Santino Tuzi che, tre giorni prima del presunto suicidio, alla Procura riferisce che dallâalloggio di servizio dei Mottola (Tuzi non precisò chi della famiglia) ricevette lâindicazione di lasciare passare Serena.
Lâauto di Marco Mottola
Il gip ricorda anche che una delle auto sospettate era una Lancia Y vecchio modello, «ossia proprio il tipo di autovettura allâepoca in uso a Marco Mottola». Lo stesso Marco Mottolla, prosegue il giudice, che «era verosimilmente coinvolto in fatti attinenti al traffico di stupefacenti (elemento che in ipotesi dâaccusa avrebbe potuto rappresentare la scaturigine di un litigio e di una aggressione in danno della infelice giovane, perpetrata forse per evitare la diffusione di eventuali notizie negative circa Marco Mottola».Â
I licheni
Il giudice Lanna, tra le atre cose, fa cenno anche al fatto che il pubblico ministero «ha giustamente sottolineato come le tracce vegetali rinvenute su uno degli indumenti di Serena (il lichene), pur non potendo costituire elemento esclusivo a carico, non possono non rivestire una qualche valenza dimostrativa. E sono tracce vegetali presenti anche nei dintorni della caserma dei carabinieri di Arce».Â
Salma da riesumare
In cinque punti il gip Lanna indica quelle che a suo avviso sono le attività dâindagine da svolgere. Tra queste, scrive il giudice, «forse non sarebbe nemmeno del tutto peregrina lâipotesi di procedere ad una riesumazione della salma». Soltanto in questo modo sarebbe possibile verificare, per la prima volta, la compatibilità tra le fratture craniche riportate dalla ragazza e lâimpatto della testa contro una superficie dura.Â
La porta rotta
A tale proposito il gip rammenta che «allâinterno di uno degli alloggi della caserma fosse pacificamente presente una porta, che risultava essere rotta allâaltezza di circa 1,50-1,60 metri mediante un urto violento». E una delle ipotesi investigative percorse, prosegue Lanna, «è che il capo della ragazza sia stato violentemente portato a collisione contro la porta», provocandone il decesso.Â
Lâacido muriatico
E ricordando lâipotesi dellâurto contro la porta, il gip evidenzia anche lâaltro dettaglio che, secondo il castello accusatorio, confermerebbe la circostanza del ferimento. à risultato infatti che la donna di servizio «Rosa Mirarchi, su indicazione di Anna Maria Mottola», ha utilizzato «acido muriatico per pulire i locali: trattasi dellâunico elemento in grado - precisa Lanna - di eliminare del tutto tracce ematiche e di qualsivoglia altro genere».
Confronti allâamericanaÂ
Accanto ad una mappatura genetica mirata e allâeventuale riesumazione della salma o comunque un accertamento più approfondito sulle fratture craniche, secondo il giudice di Cassino Angelo Valerio Lanna il bandolo della matassa delle indagini sullâomicidio di Serena Mollicone può essere ripreso seguendo altre strade. Ricostruendo nel dettaglio, ad esempio, i movimenti della famiglia Mottola sentendo di nuovo le persone già ascoltate o eventualmente altre mai escusse, considerando anche lâipotesi di metterle a confronto una con lâaltra, come si dice allâamericana, in modo da verificare eventuali contraddizioni tra le testimonianze. Secondo il giudice andrebbero ascoltati ancora conoscenti e parenti di Serena Mollicone, approfondendo il tema dei rapporti allâepoca esistenti tra la vittima e Marco Mottola.