Una requisitoria senza sconti per chiedere il massimo della pena. Ergastolo. È quanto il pubblico ministero ha sollecitato alla Corte d’assise di Frosinone nei confronti del maresciallo dell’Aeronautica militare Eraldo Marchetti, 55 anni. L’uomo, al momento dei fatti in servizio all’aeroporto Moscardini di Frosinone, è accusato dell’omicidio pluriaggravato della moglie, dalla quale si era separato, Maria Manciocco, maestra a Gorga.

L’omicidio si è consumato il 16 marzo 2014 all’interno dell’abitazione familiare, in corso Vittorio Emanuele, nel centro di Segni dove la coppia viveva con due gemelli di nove anni. E il delitto ha avuto come incolpevole spettatrice proprio la figlia. Il pm Giuseppe Strangio della procura di Velletri ha ricordato una frase pronunciate dall’uomo nell’interrogatorio subito dopo il fermo: «Non voglio essere difeso». Un’espressione che il pm ha ripetuto più volte nella sua requisitoria. Il rappresentante dell’accusa ha rimarcato la lucida ricostruzione dei fatti: «Raramente ho visto una persona che dopo un omicidio è così lucida». Lo stesso pm ha ricordato come «da quella sera Marchetti ha cambiato opinione».

Pur senza sottoporsi all’esame(come è suo diritto) in aula si è difeso. Tanto che due periti lo hanno considerato incapace di intendere e volere al momento dei fatti. Una perizia che il pm nella sua analisi ha sconfessato. Sono sette i moventi che, secondo l’accusa, hanno portato al delitto: il risentimento nei confronti della donna, il rifiuto per la separazione subita, il timore di perdere i beni, la mancanza di autorità sui figli («l’educazione del figlio doveva essere di tipo militare»), l’odio verso la famiglia di lei, i dubbi sulla paternità dei figli e «il fatto che la persona offesa fosse un ostacolo ala sua libertà sessuale». Per quest’ultimo movente, il pm ha citato l’imputato mentre parla della moglie: «si permette di rimproverarmi per le mie storie», aggiungendo il particolare della moglie che chiama il fidanzato di lei «e mi mette ulteriormente il bastone tra le ruote». Il pm ha precisato: «Moventi che hanno portato negli anni, non in quella mattina, alla convinzione di uccidere chi rappresenta un ostacolo alla sua vita».

Un rancore - per l’accusa - sedimentato negli anni. Strangio ha citato le testimonianze univoche, la compostezza della famiglia della vittima e il fatto che, ancora prima che venissero sentiti i testimoni, erano stati denunciati dall’imputato per falsa testimonianza in relazione alle dichiarazioni rese durante le indagini. Il pm ha duramente contestato la perizia della difesa che ritiene l’imputato da assolvere perché «cinque minuti prima e cinque minuti dopo è incapace di intendere e volere». E ha aggiunto che il consulente Ferraguti ha escluso la non imputabilità perché sarebbero serviti ben altri elementi, da una terapia severa ai tentativi di suicidio alle prescrizioni farmacologiche. Per il sostituto procuratore «la depressione da separazione non è riconosciuta dalla Cassazione come causa di non imputabilità».

L’accusa ha riferito le dichiarazioni rese dai superiori del sottufficiale secondo i quali una persona con problemi psichiatrici non poteva rimanere in Aeronautica. Quindi ha insistito sul movente della premeditazione (l’uomo dopo mesi, la sera prima dormì in casa) e della crudeltà (l’uso di una mazzetta da carpentire con cui l’uomo ha sfondato il cranio della vittima). Infine ha sottolineato come Marchetti, dopo l’omicidio sia andato a consegnarsi alla polizia, di fatto lasciando i figli davanti a quella tragica scena.

Il risvolto. «Non ha mai chiesto scusa Ha letto un memoriale»

«Non ha mai chiesto scusa». È uno dei motivi per i quali il pubblico ministero Giuseppe Strangio, ieri mattina, davanti alla Corte d’assise di Frosinone ha chiesto di non riconoscere all’imputato Eraldo Marchetti le attenuanti generiche. «Si sottrae a un esame che era necessario - insiste il rappresentante dell’accusa - e legge un memoriale che si apre con le scuse ai bambini e alla famiglia. Pensa che sincerità!». È uno degli ultimi passi della lunga e dura requisitoria del pm Strangio. Questi alla fine del suo intervento ha chiesto ai giudici popolari di emettere una condanna all’ergastolo, ricordando pure come il medico incaricato dell’autopsia ha dichiarato di non aver mai visto un cranio ridotto in quelle condizioni.

Dopo il pm la parola è passata alle parti civili che sono rappresentate dagli avvocati Marco Fagiolo, Irma Conti, Alessandro Cassiani per i figli, la madre, il fratello e il padre della vittima. Parti civili sono anche le associazioni Telefono rosa, Il filo di Arianna e Socialmente donna. Dopo la discussione riservata alla difesa, la corte d’assiste, presieduta dal giudice Marina Stirpe e composta da sei donne e due uomini (tra cui l’altro componente togato il giudice Giuseppe Farinella) entrerà in camera di consiglio.