Sinemet, Spiriva, Glazidim, Mestinon, Requip, Imigran Methotrexate. Non sono nomi di alieni ma di alcuni medicinali che latitano nelle farmacie italiane. Scompaiono perché vengono venduti all’estero a prezzi maggiorati. Con ricco guadagno, ovviamente, per i grossisti e i farmacisti che organizzano il commercio. Attività legale, ma di discutibile etica professionale e umana. Quella dei medicinali introvabili è una questione che preoccupa, specialmente quando si tratta di quelli di classe A, ovvero ritenuti essenziali nella cura delle malattie e che per questo sono rimborsati dal Servizio sanitario nazionale. Alcuni sono unici, ovvero senza alternativa. Ma la questione non si ferma qui.

A Frosinone la problematica non riguarda solo i cosiddetti introvabili. Segnalazioni di utenti evidenziano che diverse farmacie del capoluogo sono sprovviste anche di quelli più comuni. Tanto che a volte riuscire a trovare la medicina prescritta dal medico di famiglia diventa una vera e propria odissea. Ne abbiamo parlato con Lucio Pantano, presidente dell’ordine dei farmacisti della provincia di Frosinone.

Presidente, non ritiene che le farmacie, vista la delicatezza del settore, debbono essere sempre ben fornite?

«La problematica è nazionale. Molte aziende preferiscono esportare i farmaci dall’Italia, dove mediamente i prezzi di quelli di classe A sono più bassi, in Paesi dove gli stessi medicinali possono essere venduti a cifre più alte. Questo provoca un problema nell’assortimento delle specialità farmaceutiche. Il ministero della Salute, in verità, ha tentato di mettere un argine a tale questione. Infatti ha emanato un provvedimento che impone ai distributori che esportano di garantire comunque un assortimento permanente di medicinali sufficiente a rispondere alle esigenze delle zone da loro servite e di provvedere alla consegna delle forniture richieste in tempi brevissimi su tutto il territorio nazionale».

Ma la questione, per quel che concerne Frosinone, non si limita solamente a quelli di classe A. Più delle volte in alcune farmacie non si trovano neanche antibiotici, antinfiammatori, e comuni analgesici. Come mai?

«Ci sono alcune attività, anche a seguito del decreto che ha permesso l’apertura delle parafarmacie, che non riescono a rimanere sul mercato. È la normale dinamica del commercio. La crisi, infatti, ha colpito anche il nostro settore. A livello generale posso dire che non si registrano grosse disfunzioni».

Scusi, ma il dovere del farmacista non è quello di garantire assistenza a chi ha bisogno di medicine?

«Le farmacie presenti in provincia di Frosinone sono 165 e danno lavoro a circa 700 persone. Il nostro compito è quello di dare assistenza ad un territorio che conta mezzo milione di abitanti. Lo facciamo regolarmente. Può anche accadere che qualcosa non vada per il verso giusto».

Ma quando c'è una sola farmacia di turno, sentirsi rispondere che quella medicina non c'è, fa un po' rabbia.

«Quel che succede, specialmente nel periodo estivo, quando le aziende sono chiuse, è che qualche attività resti senza prodotti. Difficilmente si tratta di farmaci salvavita ma di medicinali che possono essere assunti anche il giorno successivo. Posso comunque affermare che rispetto allo scorso anno la situazione è migliorata, anche per quelle molecole che erano difficili da reperire. Qualcuno che non svolge bene l’attività ci sarà pure. Ma la nostra, in linea di massima, è una rete di professionisti seri».