È stato sospeso dal servizio. Nel frattempo il Comune ha attivato le pratiche per il procedimento disciplinare. Con molta probabilità perderà il posto di lavoro. Si tratta del 45enne che si muoveva sicuro all’interno del Palazzo di Giustizia. Lo faceva quando tutti andavano via.

Il suo incarico era quello di sorvegliante. Fino a quando non è scattato il blitz dei carabinieri su mandato della procura. L’uomo, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbe sottratto poco meno di duemila euro dalle casse degli ufficiali giudiziari.

Ad incastrarlo è stata una telecamera piazzata dagli investiga- tori dell’Arma che ha ripreso i suoi movimenti. L’indagine è nata dopo la segnalazione di ammanchi. Più volte, secondo quanto emerso, i dirigenti del settore si sono accorti che i con- ti non tornavano. Strano anche lo spostamento di documenti dalle scrivanie.

I controlli sono andati avanti per circa un mese. Poi, su richiesta del procuratore Giuseppe De Falco e del pubblico ministero Vittorio Misiti, il gip Antonello Bracaglia Morante ha firmato l’ordine di cattura.

Il 45enne è accusato di furto aggravato, ha ammesso le responsabilità. Ad assisterlo nel corso dell’interrogatorio di garanzia è stato l’avvocato Angelo Testa. L’uomo ha raccontato che il suo gesto è riconducibile a uno stato di bi- sogno familiare. Per lui si profila una richiesta di giudizio immediato.

Il giudice, dopo aver acquisito gli elementi utili all’indagine, lo ha rimesso in libertà con il solo obbligo di di- mora a Frosinone. Alla base del gesto, secondo quanto riferito al magistrato che lo ha interro- gato, un atto di debolezza dovuto a problemi di carattere familiare.

Nel corso dell’interrogatorio di garanzia, si è pentito amaramente di quanto commesso. Ha spiegato che aveva preso quei soldi per superare un momento difficile. Che aveva chiesto un prestito e subito dopo avrebbe cercato di restituire la somma sottratta.
Ora, però, rischia di perdere il posto di lavoro. Il Comune, che lo ha sospeso dal servizio, gli aveva affidato un incarico fiduciario. L’uomo, infatti, aveva il delicato compito di sorveglianza del tribunale. Il suo potrebbe essere giudicato come un atto di infedeltà verso il datore di lavoro.