Investimenti, innovazione, centralità del sistema industriale: le grandi sfide di Confindustria del prossimo quadriennio sono queste. Maurizio Stirpe, vicepresidente nazionale con delega al lavoro e alle relazioni industriali, sarà in prima linea. Nel confronto con il Governo e con le parti sociali, ma pure nel dibattito allâinterno della trincea del lavoro.
Lo abbiamo intervistato.
Allora Stirpe, vicepresidente nazionale di Confindustria. Un punto di arrivo o di partenza?
«Un traguardo raggiunto grazie alla stima e allâaffetto dei miei colleghi. Un punto di partenza comunque, per la complessità delle sfide che ci attendono».
Deleghe al lavoro e alle relazioni industriali. Da far tremare i polsi.
«Sul piano delle relazioni industriali occorre completare il lavoro del presidente Giorgio Squinzi. Va aperta subito la fase dellâammodernamento».
Cioè?
«Il problema più grande del nostro Paese è quello di non accrescere la produttività . I nuovi modelli contrattuali devono andare nella direzione di accrescere la produttività ».
Favorevole al Jobs Act?
«Attraverso il Jobs Act è stato fatto il primo importante passo per superare un mercato del lavoro fermo e rigido. Adesso bisogna continuare. Penso innanzitutto alla riforma degli ammortizzatori sociali, che darà una spinta notevole sul versante dellâammodernamento del mercato. Attenzione però: Confindustria vuole affrontare la sfida del lavoro in maniera ambiziosa, ma le parti sociali hanno un grande compito, soprattutto sul piano del traghettamento del sistema».
Come si rilancia il sistema?
«Dando risposte urgenti e forti alla piaga della disoccupazione. In questo contesto servono politiche fiscali di detassazione. Vanno incentivati dei modelli virtuosi. Il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia ha detto che bisogna fare del livello aziendale di contrattazione la sede dove realizzare lo scambio cruciale tra miglioramenti organizzativi e di produttività e incrementi salariali. La strada è questa. Dâaltronde il recupero della produttività porta naturalmente a imprese più competitive».
Anche lei favorevole al referendum costituzionale?
«Certamente favorevole. Senza se e senza ma. Il sistema politico e burocratico italiano va reso più moderno. Lâobiettivo principale è lo svuotamento del poltronificio, perché è fondamentale che il punto di arrivo sia una politica priva di personalismi. Basta. Anche la riforma del titolo quinto della Costituzione e dico anche che è giusto che competenze come quelle dellâEuropa e del turismo vengano riprese dallo Stato. Perché in questi anni i temi sono stati affrontati in maniera spesso disastrosa. La riforma dello Stato serve per sbloccare il Paese. Penso alla semplificazione amministrativa e burocratica, penso alla riforma della giustizia, penso ad una forte e credibile politica dellâEnergia. Abbiamo bisogno di risposte efficaci e rapide».
Da presidente di Unindustria ha criticato tutti i candidati a sindaco di Roma.
«Confermo. A Milano il confronto è stato sul futuro dellâarea Expo e sullâinnovazione. A Roma si è parlato di come riparare le buche, che dovrebbe essere lâordinaria amministrazione (peraltro non è stato neppure presentato un programma organico su come risolvere questo problema). Stiamo parlando della Capitale dâItalia, costretta da anni ad un arretramento preoccupante. Non ho sentito parlare del debito del Comune, delle municipalizzate e dellâassenteismo dei dipendenti. Nulla».
Che Unindustria lascia?
«Rafforzata. Esiste una consapevolezza âregionaleâ. Il modello a compartimenti stagni delle province è stato superato». E la provincia di Frosinone come si rilancia? «Intanto la nostra provincia deve aiutarsi da sola. Poi, se potrò dare una mano, non mi tirerò certamente indietro».