Sul palco allestito davanti all’abbazia, alle 21, saliranno Maki Maria Matsuoka (soprano), Andrea Cionci (baritono), Alberto Romani nome d’arte di Alberto Roccatani (basso comico), direttore al pianoforte Claudio Martelli che porteranno in scena il concerto “Opera buffa”. Vasto il repertorio che sarà proposto al pubblico con celebri arie tratte da “Don Pasquale”, “L’elisir d’amore”, “Le nozze di Figaro”, “Il barbiere di Siviglia”, “La Cenerentola” e “La vedova allegra”. Sarà, così, possibile ascoltare, ad esempio, “Una voce poco fa”, “Tace il labbro”, “Un foco insolito”, “Là del ciel nell’arcano profondo” e molto altro.

La cosiddetta “opera buffa” italiana trae la sua origine soprattutto dagli “intermezzi” settecenteschi, i quali erano brevi opere con pochissimi personaggi (al massimi due o tre) che venivano eseguite negli intervalli delle grandi tragedie.
Nella storia dello sviluppo dell'opera lirica, l'opera buffa si contrappose alle caratteristiche stilistiche della cosiddetta opera seria. L'Opera Buffa si proponeva di trasformare l'opera in un genere in cui la gente comune potesse notare una propria somiglianza con i personaggi. Dal momento che l'opera seria era un costoso intrattenimento per Re e nobiltà, l'opera buffa venne realizzata per un pubblico più normale con problemi più comuni.

Il carattere e le situazioni di comicità, che normalmente coinvolgevano la servitù, fecero parte dell'opera seria fino ai primi anni del XVIII secolo, quando l'opera comica e poi l'opera buffa iniziarono ad emergere come genere a sé stante. Agli inizi l'opera buffa era composta da opere di breve durata che venivano rappresentate negli intervalli dell'opera seria. Questi brevi spettacoli vennero chiamati intermezzi e furono i precursori delle vere e proprie opere comiche che si svilupparono più avanti nel secolo. La serva padrona di Pergolesi è uno di questi intermezzi che viene ancora rappresentato con regolarità al giorno d'oggi ed è un chiaro esempio dello stile dell'epoca.

A parte Pergolesi, i primi compositori di opere buffe furono Nicola Logroscino, Baldassare Galuppi, Alessandro Scarlatti, Leonardo Vinci e Leonardo Leo. Il lavoro di costoro, tutti operanti a Napoli o Venezia, venne poi ripreso ed ampliato da Domenico Cimarosa. Successivamente arrivarono i veri e propri capolavori dell'opera buffa come L'elisir d'amore di Gaetano Donizetti, Le nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart, Il barbiere di Siviglia e L'Italiana in Algeri di Gioachino Rossini. Quest'ultima in particolare fu definita da Stendhal come "la perfezione del genere buffo"; invece, Il barbiere di Siviglia (1816), divenne l'opera buffa più rappresentata in tutto il mondo.
L'opera buffa fu molto importante nell'evoluzione del teatro d'opera in Italia, valorizzando la diversità dei ruoli vocali e rendendo il discorso musicale più spigliato e dinamico, introducendo tra l'altro il canto simultaneo di vari personaggi nei grandi finali d'atto concertati. Il genere declinò nel XIX secolo nonostante il Falstaff di Verdi sia andato in scena nel 1893.