Un deserto dei Tartari, il centro come le periferie. Almeno fino a quando più di qualcuno non ha avuto esigenza di uscire con maggiore frequenza.
Un deserto dei Tartari per le attività commerciali della città martire, saracinesche abbassate e insegne spente. Vetrine sempre uguali, lasciate in quella "posa" quasi scultorea da una quarantena che si è continuamente allungata in avanti. Decreti e prestiti con ammortamenti lontani nel tempo hanno permesso finora ai titolari di attività solo di fare i conti e di valutare ma i conti che non tornano per tutti.

Voci in quel deserto economico si sono levate alte a Cassino e, qualche giorno fa, anche in un incontro con l'amministrazione per pianificare sostegno nella riapertura. Un grido ma anche tanta volontà e primi "appunti" di lavoro tra pubblico e privato come quello legato all'ipotesi di adozione di orari differenziati per le aperture e chiusure dei negozi. Verrà studiato con attenzione nei suoi molteplici e complicati aspetti prima di avanzare una proposta definita. La situazione deve schiarirsi meglio e le direttive del governo centrale andranno studiate. Ai primi di maggio nuovo summit in calendario.

Ma resta il nodo principale. Come finanziare la ripartenza? Perché quando si rientrerà nei propri locali commerciali, dovranno essere a norma, in ogni minimo particolare. E bisognerà avere le idee chiare sui costi, innanzitutto, e sul funzionamento di entrare e uscite in base ai metri quadrati. Lo esige l'emergenza Covid che farà sì riaccendere pian piano il motore dell'Italia ma a passo moderato e con tutele. ConfImprese ha analizzato la situazione e ha reso una prima fotografia di un percorso che appare già tutto in salita.
A fronte di mancati guadagni per un tempo assai prolungato c'è la necessità, inderogabile, di promuovere investimenti in protezione e salute.
A parlare è Guido D'Amico, presidente ConfimpreseItalia che ha ben chiaro il quadro economico e commerciale. «Al momento - spiega senza usare mezzi termini - è difficile immaginare una ripartenza delle attività commerciali. Da un'intervista fatta ai nostri associati di Cassino si è evince che saranno in molti, oltre il 50%, che non apriranno a pieno regime».

I nodi principali
Ma quali sono i principali problemi per la categoria dei titolari di attività?
«I mancati incassi, la cassa integrazione che non arriva, le gravi difficoltà di accesso ai finanziamenti, la mancata sospensione di molte utenze e non da ultimo il pagamento dei tributi a fine maggio porterà, sempre secondo le interviste fatte, il 20% delle aziende a non riaprire i "battenti.

I costi della riapertura
Inoltre per quelle che decideranno di rialzare la saracinesca sono previsti dei costi di sanificazione molto elevati». E li snocciola uno ad uno, seguendo i prezzi di mercato in questo momento storico.
«Oltre alle mascherine e ai guanti usa e getta che comunque costeranno non meno di un euro cadauna, c'è da aggiungere un dispenser a colonnina che costa circa 150 euro con ricarica da 5 euro; la barriera in plexiglas 80x120 che costa 120; il gel 500ml che costa 10 euro; i calpestabili da 20 euro cadauno; il termometro infrarossi 60 euro, se dovesse occorrere il termo scanner arriviamo a 2.000 euro».
E dulcis in fundo?
«Infine la sanificazione dell'attività costerà tra lo 0,50 e 1,20 euro al metro quadrato con cadenza ogni 15/30 giorni».

Il totale
Ma alla fine a quanto ammonta la spesa. «A tutti i suddetti costi va aggiunta l'Iva - spiega ancora Guido D'Amico - A conti fatti oltre 1.000 euro per ogni inizio di piccola attività che possono anche raddoppiare o triplicare in caso di superfici estese. Un costo inaccettabile per chi deve risollevarsi dopo la catastrofe».

La speranza
Anche su questo fronte, come è accaduto su altri durante questa emergenza, occorre fare squadra e non lasciare nessuno solo davanti al proprio destino. Così D'Amico conclude: «La Camera di Commercio di Frosinone metterà a disposizione degli imprenditori un contributo spese a fondo perduto, Confimprese sosterrà i propri associati con specifica formazione/informazione ad hoc e mi auguro che tutte le istituzioni della città facciano concretamente la loro parte».

Posti a rischio
Anche perché la filiera commerciale a Cassino conta qualche migliaio di posti e se la clientela - probabilmente molti avranno subito analoghe difficoltà economiche e ridurranno al minimo le spese - dovrà entrare a "turni", gli introiti non saranno più quelli di una volta. E si farà fatica a mantenere attivo tutto il personale. A peggiorare la situazione è anche la mancanza di turisti, molte le attività - ad esempio quelle di ristorazione o i bar - che d'estate hanno i posti occupati proprio da loro. Oggi come oggi sempre inverosimile immaginarli a Cassino.

Ma sono previsioni ancora premature, sicuramente bisognerà ingranare una marcia di investimenti per rialzare quelle amate saracinesche, riaccendere quelle insegne che a tutti mancano per tornare a vedere vivo il centro urbano, per cambiare le esposizioni delle vetrine è necessario ancora uno sforzo, l'ennesimo. E l'investimento potrebbe non essere alla portata di tutti. Resta un settore vitale e importante a Cassino che vuole giocare la carta della speranza nel futuro. La sinergia tra istituzioni, come conclude D'Amico, farebbe molto.