Da mercoledì scorso è la protagonista della rubrica "l'esperto risponde" in onda su Radio1 Rai-Gr1 Economia. Lei è Roberta Venturi, avvocato di Frosinone. Ricercatrice dell'Osservatorio "farmaci orfani", Roberta Venturi è l'avvocato dell'Osservatorio Malattie Rare (Omar). E in questo momento è stata chiamata a curare una specifica rubrica (in onda alle 17.50 ogni mercoledì) perché in piena pandemia Covid-19, sono tantissime le problematiche che devono affrontare pazienti che hanno malattie rare. Specialmente per quanto concerne il tema del lavoro.

Allora avvocato Venturi, non sarà semplice districarsi sul terreno normativo per quel che riguarda pazienti affetti da malattie rare ai tempi del Coronavirus.
«Diciamo che è un terreno inesplorato. Una premessa è necessaria. Per quanto riguarda il decreto Cura Italia, con riferimento ad alcuni aspetti (da quello delle baby sitter ai permessi ai lavoratori) ci sono delle circolari attuative dell'Inps. Ma in altri settori le "interpretazioni" non ci sono».

Facciamo un esempio?
«Articolo 26, comma 2, del decreto Cura Italia. Riguarda i soggetti che hanno patologie pregresse gravi. Parliamo di lavoratori pubblici e privati. I parametri sono quattro: 1) pazienti affetti da disabilità gravi; 2) persone alle prese con esiti di patologie oncologiche; 3) soggetti immunodepressi; 4) persone che assumono farmaci salvavita. La domanda è: chi riscontra queste patologie in termini di certificazioni per il lavoro?».

Immaginiamo che la domanda sia collegata al mondo del lavoro.
«Esatto, perché sono soggetti fortemente a rischio nel caso dovessero contrarre il Covid-19. Alcune disposizioni del Ministero della Salute sono chiare: queste persone devono rimanere a casa fino al termine della pandemia».

Ma chi firma la certificazione?
«Appunto. Chi prescrive la certificazione di rischio? Di chi è la competenza? Alcune Regioni, come l'Emilia Romagna, hanno normato chiaramente il punto. Altre no. E ci sono differenze enormi tra una Regione e l'altra. Ecco, noi aiutiamo a far districare i lavoratori in questo ginepraio».

Ma se l'azienda dove lavora un paziente affetto da queste patologie fa ricorso alla cassa integrazione in deroga per la chiusura forzata a causa del Coronavirus, quale principio è prevalente?
«Questo è uno dei punti più importanti e richiesti. Intanto dipende dalla domanda per la cassa integrazione in deroga: se cioè è stata avanzata per tutti i dipendenti o solo per alcuni. Se per tutti i settori o invece no. In linea generale, però, l'Inps ha deciso che la cassa integrazione in deroga prevale sull'indennità di malattia».

Torniamo all'aspetto della certificazione della patologia. Chi la effettua?
«La premessa è che dobbiamo aspettare la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto Cura Italia, perché lo stesso è stato modificato al Senato. La linea base è questa: il medico "certificatore" è quello che ha in cura il soggetto. È lui che rilascia la certificazione, sulla base della quale il soggetto può restare a casa, percependo l'indennità di malattia. Ora però bisogna vedere se e come le modifiche hanno influito sull'estensione del periodo: se cioè fino al termine dello stato di emergenza determinato dalla pandemia oppure no».

Intanto però ci si avvia alla riapertura, soprattutto nel mondo del lavoro. Come vede questo momento?
«Il distanziamento sociale resta la misura principale, anche nella fase di ritorno al lavoro. Le aziende che sono in grado di assicurare il rispetto di questo parametro, è giusto che riaprano. D'altronde è fondamentale far ripartire l'economia. Poi c'è lo Smart Working, che si è rivelato fondamentale in questa fase. Lo sarà ancora di più in futuro».

Lei è in continuo contatto con i lavoratori e con le famiglie. Quanto ha influito e quanto influirà la pandemia Covid-19?
«Ha già cambiato tutto. Uno tsunami. Naturalmente si sono moltiplicate le ansie sul piano del lavoro. Vero è che si è stabilito il divieto di licenziamento per Covid-19, ma la gente guarda anche al lungo periodo. Quante aziende saranno in grado di reggere nel lungo periodo? Poi c'è il problema della scuola».

In che senso?
«L'anno scolastico riprenderà in autunno. Significa che davanti ci sono molti mesi. Come si farà con gli ulteriori permessi per assistere i figli? Soprattutto per i genitori di bambini piccoli. Chi assicurerà il sostegno economico?».

Questa emergenza però ha ribaltato una prospettiva: proprio i computer hanno garantito il mantenimento di una quota minima di lavoro. E anche di didattica.
«Sicuramente. Ma pure in questo caso la stagione della "digitalizzazione" ha penalizzato le fasce più deboli, quelle che magari non hanno gli stessi strumenti tecnologici di altri. Infine, pensiamo ad una famiglia nella quale c'è un solo computer, che serve ad entrambi i coniugi e ai due figli. Non è semplicissimo. O no?».