Prima del ventuno febbraio, il Covid-19 in Italia riguardava una coppia di cinesi in vacanza e i connazionali di ritorno dalla Cina messi in quarantena alla Cecchignola. Vicenda che interessò anche la Ciociaria, con il manager della Asl Stefano Lorusso che il trenta gennaio dovette recarsi al casello di Cassino per evitare che l'autobus entrasse nella città martire.
Parliamo di fine gennaio.

Poi, appena passata la mezzanotte del venti febbraio, arrivò l'annuncio della Regione Lombardia: un trentottenne positivo al Coronavirus ricoverato all'ospe dale di Codogno (Lodi). Nel corso della stessa giornata salirono a 15 i contagiati in Lombardia. E poi un altro focolaio del virus, a Vo'Euganeo (Padova).
È quel ventuno febbraio la data dell'inizio dell'inferno.

Il primo caso registrato in provincia di Frosinone è del due marzo. Poi, dal sette marzo, inizia la pressione terribile sugli ospedali, e in particolare sui Pronto Soccorso e sul reparto di Terapie intensive dell'ospedale di Frosinone. La domanda che si ripete da tempo è: il Coronavirus circolava da prima in provincia di Frosinone? Probabilmente sì.

Anche perché ci sono le testimonianze di diverse persone che vanno in questa direzione. Così come è ormai chiaro che all'inizio molti di quelli che alla fine si sono recati in ospedale hanno passato sette o anche dieci giorni a casa con la febbre, la tosse e altri sintomi.
Allora molti punti non erano chiari e in tanti continuavano a ripetere che si trattava in ogni caso di poco più di un'influenza stagionale.

Ma che in Ciociaria il Covid-19 fosse presente da prima è convincimento diffuso tra gli addetti ai lavori. Ne sono certi, per esempio, i medici di famiglia, quelli maggiormente a  contatto con le persone.
Proprio a Ciociaria Oggi Caterina Pizzutelli, segretario provinciale della Fimmg, ha detto: «Da quando penso che potesse circolare? Direi già dalla fine gennaio, come del resto molti altri colleghi. Siamo rimasti stupiti da queste forme resistenti agli antibiotici. Abbiamo prescritto molte radiografie toraciche dalle quali risultava una diffusa interstiziopatia. Non si sapeva ancora del Covid. Sulle prime abbiamo pensato addirittura che il vaccino antinfluenzale non avesse funzionato. Ce lo siamo detti spesso tra colleghi, confrontandoci. Abbiamo visto tosse persistente, anche per un mese. Sicuramente il virus girava già nelle settimane precedenti».

Fabrizio Cristofari, presidente dell'ordine provinciale dei medici, rileva: «Non abbiamo certezze, ma sospetti.
Da prima di Natale a tutto gennaio abbiamo osservato diverse polmoniti atipiche, tossi persistenti, febbri alte durate tanto. La cosa che maggiormente ci ha colpito è l'anomalia di distribuzione delle polmoniti: solitamente quella batterica si manifesta in un solo lobo. Invece non era così. Certamente potevano essere attribuibili ad altri germi, però subito dopo è esplosa la pandemia da Coronavirus. Come ordine dei medici stiamo studiando e continueremo a farlo, rivedendo le Tac e le cartelle cliniche. Ma insomma, penso che il virus potesse circolare da prima».

Norberto Venturi, chirurgo e oncologo, è tornato in servizio (al Pronto Soccorso)dopo essere andato in pensione. Rispondendo alla chiamata della Asl.
Rileva: «Non sono così convinto che il virus circolasse già da prima. Perché ne abbiamo visto subito l'aggressività e la pericolosità. Parlo dei decessi, dei casi gravi, del terribile impatto sulle strutture ospedaliere. Voglio dire: se circolava già a dicembre e gennaio,perché allora non si sono verificati quegli effetti che poi abbiamo visto dal ventuno febbraio in poi in tutta Italia e da marzo in Ciociaria? Quanto al fatto che oggi va meglio, il merito è attribuibile alle cure, alle terapie e anche al distanziamento sociale. È evidente che chi ha contratto il Covid all'inizio ha scontato una serie di situazioni. Oggi le cure danno maggiori effetti: mi riferisco all'eparina, agli anti-infiammatori, al cortisone e a tutto il resto. Si tratta di farmaci già conosciuti e presenti immediatamente nei protocolli, mal'osservazione sul campo ha fatto molto.
È chiaro che se anche all'inizio ci fosse stata la possibilità utilizzare le  cure di oggi, probabilmente la situazione sarebbe stata diversa. Mettiamoci altresì il fatto che all'inizio in molti sono rimasti a casa per giorni pur accusando febbre e altri sintomi. Ma non si sapevano le cose che sono emerse dopo, lo stesso virus non era conosciuto come adesso».

A livello di Regione Lazio, come detto dall'assessore alla sanità Alessio D'Amato a Ciociaria Oggi, già il 21 gennaio era scattato l'alert. E tre giorni dopo, il 24 gennaio, furono redatte le procedure operative in vista di una possibile emergenza legata al Coronavirus.