Sono tra gli "angeli" in prima linea per l'emergenza Covid-19. Non si sono mai tirati indietro davanti alle richieste di aiuto. Hanno portato il loro contributo nella distribuzione delle mascherine, dei medicinali, del materiale didattico, dei beni alimentari. Hanno lavorato anche di notte quando è stato necessario. Hanno adottato tutte le misure di sicurezza come previsto dal decreto, sono stati attenti per la propria e per l'a ltrui salute. Ma "l'invisibile" ha fermato anche loro. Sono stati contagiati. Da chi, come, in che modo, quando. Tutte domande a cui non riescono a dare risposta. L'unica certezza è che ora il loro gruppo è costretto a restare a casa, a non poter essere d'aiuto, a stare lontano dai propri affetti, da chi lo attende ogni volta dietro la porta per dire «grazie per quello che state facendo per tutta Italia».

Sono gli uomini della protezione civile di Patrica, i volontari che sono stati sempre in prima linea per fronteggiare tante emergenze, tra cui quella che ormai da mesi sta mettendo in ginocchio il mondo intero.
Tra i contagiati ci sono tre volontari del gruppo comunale. L'annuncio l'altro ieri del sindaco Lucio Fiordalisio. Tra loro Andrea Del Monte, che non si è mai tirato indietro. Insieme ai suoi colleghi ha aiutato tante persone anche fuori regione, colpite dal sisma.
E mai come in questo momento ha fatto molto per la sua comunità, con la consapevolezza che soltanto facendo squadra e non facendo mancare tutto il sostegno e l'aiuto, sarebbe stato possibile dare un po' di sollievo. Ma il Covid-19 ha fermato lui e altri due colleghi. Di conseguenza tutto il gruppo dovrà stare in isolamento. Del Monte, che ha iniziato a fare volontariato dall'età di sedici anni, vigile del fuoco discontinuo, ne ha viste tante di situazioni drammatiche e mai avrebbe pensato di doversi fermare.

Siete stati molto presenti sul territorio a servizio della cittadinanza…
«Con il gruppo siamo stati impegnati in diverse distribuzioni per dare un aiuto concreto alle famiglie.
Abbiamo consegnato medicinali, mascherine, pacchi alimentari da parte del Comune, pacchi scuola con materiale didattico. Non ci siamo mai arresi, neanche quando la stanchezza prendeva il sopravvento».

Come avete svolto i vostri servizi in questa emergenza?
«Non ho mai svolto servizio senza dispositivi di protezione  individuale e ho preteso sempre che venissero utilizzati da tutti, spesso anche urlando.
Anzi, chiedo scusa se mi sono posto male, ma era per la protezione di tutti. Ho sempre detto "dobbiamo tornare a casa sani e salvi dalle nostre famiglie che ci aspettano". Abbiamo superato anche Amatrice e molti altri interventi. Tutto è andato sempre bene come programmato, ma questa volta qualcosa di più forte ha fermato il nostro gruppo: si chiama Coronavirus».

Quando avete scoperto di aver contratto il virus? «Attendevo la possibilità di fare il tampone insieme ai miei colleghi da qualche tempo. Sabato mattina sono andato a fare un prelievo del sangue a pagamento, a mie spese, a Colleferro, e ero negativo. Poi domenica, invece, sono risultato positivo all'Asl di Frosinone. Ho fatto il tampone, come era stato programmato per me e i miei colleghi, proprio domenica nella modalità cosiddetta "drive-trough", ovvero l'esecuzione di tamponi rino-faringei con il paziente che si reca in auto nel centro attrezzato con tensostruttura, attraversa un percorso e il personale sanitario effettua il tampone direttamente dal finestrino. Due dei colleghi e il sottoscritto siamo risultati, quindi, positivi al tampone.
Nessuno di noi aveva sintomi. E tuttora stiamo bene.
Ovviamente, come da prassi, sono scattati immediatamente l'isolamento e la quarantena per gli altri colleghi e alcuni amministratori, tra cui il sindaco (tutti al momento sono risultati negativi al primo tampone, ndr) e tutte le misure necessarie che si adottano in questi casi».

Il Covid-19 ha quindi fermato il vostro gruppo…
«Ha costretto a restare a casa me e gli altri colleghi.
A stare lontano dagli affetti. E non posso dare un bacio a mia figlia, le devo mandare un messaggio con il telefono. Io l'ho preso in forma lieve, fortunatamente, ma il cervello è "bombardato" da tante domande: perché, come mai, chi ho visto, chi può essere stato? Tante domande, ma l'unica risposta è che il Coronavirus ha perforato la mia corazza e i miei dispositivi di protezione».

Un messaggio che ti senti di dare?
«Mi dispiace per le persone morte, ma quello che voglio dire a tutti per esperienza è di cercare di rispettare le regole, con la speranza di non vivere quello che stanno vivendo le nostre famiglie. Solo così presto potremo stringerci la mano, sorridere senza mascherine e abbracciarci. Ci tengo a ringraziare i colleghi della protezione civile, i carabinieri, i medici, gli infermieri e le nostre famiglie che aspettano il nostro ritorno».