Nel giorno in cui è stato ricoverato con tutti i sintomi del Covid-19, il direttore generale della Asl Stefano Lorusso fa il punto della situazione sulla pandemia da Coronavirus in provincia di Frosinone. Da ieri sera è nel reparto di Malattie infettive dell'ospedale Fabrizio Spaziani di Frosinone. Ha accusato febbre e lievi difficoltà respiratorie. Ma la situazione è perfettamente sotto controllo. Lorusso era in sorveglianza attiva (ne sarebbe uscito il 14 aprile, visto che il primo tampone era risultato negativo) per il fatto di essere collegato al link della dottoressa Patrizia Magrini, direttore sanitario dell'Azienda, a sua volta in isolamento domiciliare. Stefano Lorusso ha effettuato il secondo tampone. L'esito si è avuto stamattina: positivo al coronavirus. Le funzioni di direttore generale sono ora passate alla dottoressa Pierpaolo D'Alessandro, direttore amministrativo aziendale
Dottor Lorusso, innanzitutto come sta?
«Benino. A dire la verità stamattina (ieri per chi legge, ndr) stavo benissimo. Poi ho accusato dei sintomi, a cominciare dalla febbre. Ho fatto il tampone: il risultato lo saprò domattina (questa mattina, ndr). Ma credo proprio che non ci saranno sorprese, purtroppo. Accuso diversi sintomi del Covid-19».
Continuerà a guidare la Asl in questo periodo?
«Certamente sì, tramite le piattaforme telematiche».
Non ci voleva...
«Beh, no. Ma lo avevo messo in conto nei giorni scorsi. Anzi, dall'inizio di questa pandemia a dire la verità».
Nella giornata di ieri i nuovi casi di contagio in provincia di Frosinone sono stati 5. Tali da indurre ad una cauta speranza. E qui comincia la seconda parte dell'intervista, quella al direttore generale dell'Azienda Sanitaria Locale, che traccia un primo bilancio del contrasto al Coronavirus in provincia di Frosinone.
Allora Lorusso, in che fase siamo in Ciociaria?
«Siamo nel plateau, nell'altopiano che la curva segue dopo il picco. Secondo alcuni esperti presto potrebbe perfino iniziare la discesa».
E allora perché occorre cautela?
«Un conto è l'infezione, altro conto è la presenza del virus, che resterà molto a lungo. Dobbiamo entrare nell'ordine di idee di doverci convivere».
Per il 9 aprile lei si aspettava una possibile impennata della curva. Temeva l'esito dei tamponi nelle case di riposo e nelle Rsa?
«Nell'ultima settimana per tre volte i nuovi casi sono stati sotto quota 10. Temevo una possibile impennata. Nelle Rsa, nelle case di riposo e nelle strutture socio-sanitarie da tempo la Asl sta effettuando controlli e tamponi, analizzando ogni possibile link. Per evitare che queste strutture possano trasformarsi in ulteriori focolai di contagio. Non sono un epidemiologo, ma è evidente che in tali contesti può aver pesato il fattore dei visitatori esterni e di coloro che possono venire da fuori. In provincia di Frosinone i casi da cluster (in particolare di Cassino, Veroli e Fiuggi) rappresentano il 30% dei contagi: 180 su oltre 500. E poi ci sono i cluster minori, quelli familiari».
Che rapporti ci sono con Prefettura e Comuni?
«Ottimi. La Prefettura sta svolgendo un lavoro straordinario. Le discordanze sui dati? Le incomprensioni possono starci, all'inizio abbiamo tutti lavorato su cifre enormi tra contagiati, sorvegliati, guariti e tutto il resto. Rendiamoci conto che allo Spaziani ormai si viaggia su una media di 250 tamponi al giorno. La realtà è che il gioco di squadra funziona».
C'è ancora troppa gente in strada?
«Purtroppo sì. Negli ultimi giorni a Frosinone ho visto tanta gente in giro. Troppa. Non va bene. In questo momento l'arma più potente che abbiamo resta il distanziamento sociale. Per contenere i contagi. Dietro l'angolo ci sono Pasqua e Pasquetta: dobbiamo stare attenti, non si può sbagliare. Le feste di Carnevale hanno fatto esplodere il contagio in Italia. Bisogna restare a casa, punto. Se uno pensa che è tutto finito perché ci sono numeri più bassi per qualche giorno, non ha capito nulla».
Dovremo convivere con il virus per quanto?
«Per molto tempo. Fino a quando non ci sarà un vaccino e non è neppure detto che ci sia. Il virus viaggia e continuerà a viaggiare. La distanza sociale è vitale. Nel vero senso della parola».
Nel dopo Covid che sanità ci sarà in Ciociaria?
«Intanto resterà questa organizzazione per diverso tempo. Lo Spaziani è ormai un Covid Hospital: 86 posti nei reparti di degenza, 25 tra terapia intensiva e subintensiva. Subito dopo i grandi hub romani ci siamo noi. Abbiamo dei reparti straordinari. Abbiamo qualità e quantità. Detto questo, non possiamo abbassare la guardia».
In questo periodo ci sono stati però anche tanti episodi di solidarietà. Quello che l'ha colpita di più?
«Quello della mamma che era venuta all'ospedale di Frosinone ma poi ha rinunciato al ricovero qui per poter stare con figli (anche loro positivi) al Bambino Gesù. Ci siamo attivati, trovando subito una sponda decisiva al Bambino Gesù. Grande solidarietà, ma vuol dire anche che il sistema funziona alla perfezione in termini di organizzazione».
Torniamo alla sanità dell'anno che verrà...
«Il virus viaggia veloce, noi siamo obbligati a cambiamenti veloci. La sanità muterà totalmente, anche a livello locale. Dobbiamo metterci in testa che il primo luogo di cura dovrà essere rappresentato dalle nostre abitazioni. Poi penso alla telemedicina e ad un servizio sanitario che non aspetta, che va sul territorio e nel territorio. Ma lei lo sa che dall'inizio della pandemia c'è stato un calo del 60% dei casi che arrivano ai Pronto Soccorso?».
E questo cosa significa?
«La prima risposta, banale ma vera, è che evidentemente non sempre è necessario andare al Pronto Soccorso. La seconda, ancora più vera, è che i cittadini oggi hanno paura di andare al Pronto Soccorso per timore di infettarsi. Io invece dico: andate tranquillamente ai 4 Pronto Soccorso del territorio perché ci sono percorsi separati, che funzionano. Non ci si ammala solo di Covid. La sanità ciociara è perfettamente attrezzata per fronteggiare tutte le situazioni. Mai nella vita mi sarei aspettato di dover fare un appello per invitare la gente ad andare al Pronto Soccorso se occorre. In questa emergenza è venuto fuori il ruolo gigantesco della sanità pubblica. Sono orgoglioso di essere il direttore generale di una Asl composta da medici, infermieri, ausiliari e amministrativi straordinari. In questo momento più che mai».
I contagi tra i sanitari sono quelli che fanno più male. È stato commesso qualche errore?
«In questa situazione, parlo in generale, tutti possono commettere errori. In Cina la pandemia è esplosa a gennaio: il resto del mondo ha avuto due mesi di tempo per organizzarsi. Eppure questo non è successo. Io francamente non penso che siano stati commessi chissà quali errori. Credo invece che tutti noi siamo stati in prima linea senza risparmiarci. Esponendoci anche a possibili contagi. Come è successo del resto».
Se tornasse indietro disporrebbe gli stessi spostamenti di reparti?
«Io guardo avanti e non indietro. E comunque sì, disporrei gli stessi spostamenti che hanno trasformato lo Spaziani in un hub Covid di riferimento. Il rischio zero non esiste».
Il fatto che c'è minore pressione sulla Terapia intensiva vuol dire che il virus è meno aggressivo?
«Non sono un virologo e non lo so. Quello che so è che al reparto di Rianimazione del Fabrizio Spaziani cominciano ad esserci da giorni pazienti "stubati". E questo è un risultato importante. Ma vogliamo sottolineare che siamo partiti da 7 posti, poi siamo arrivati a 14 e ora a 19? Tutti dedicati a pazienti Covid? Vogliamo aggiungere che ci sono anche 6 posti per la terapia subintensiva, che la prossima settimana verranno attivati? Lei ricorderà. Ho fatto la prima intervista da direttore generale di questa Asl a Ciociaria Oggi. Ad ottobre, un mese dopo il mio arrivo. Fra le varie cose, ne evidenziai due in particolare. La prima che la sanità del territorio doveva recuperare attrattività. La seconda che c'era carenza soprattutto di anestesisti. Abbiamo affrontato questo tsunami come dei "leoni", avvalendoci pure di specializzandi e di persone che hanno ritenuto di tornare a dare una mano. Ma oggi i risultati che si ottengono a Frosinone contribuiscono all'attrattività della sanità provinciale. Penso anche ai protocolli e ai farmaci che si stanno usando per contrastare il Coronavirus. A Malattie infettive da settimane si utilizza un farmaco sperimentale che si chiama Tocilizumab: serve soprattutto per curare le polmoniti. L'altra sera ho visto sulle televisioni nazionali un servizio che parlava di questo farmaco. Noi lo stiamo usando da settimane. Voglio dire che nella "guerra" al Covid-19 l'ospedale di Frosinone è entrato nei circuiti nazionali (330 strutture) e internazionali per l'utilizzo di alcuni farmaci. Perfino sperimentali. Ma naturalmente un plauso va anche agli ospedali di Cassino, Alatri e Sora, che hanno raddoppiato gli sforzi, anche per fronteggiare tutte le altre patologie. Che, voglio ribadirlo, non sono scomparse».
Lei è favorevole all'effettuazione dei tamponi su larga scala e all'utilizzo dei test sierologici?
«Assolutamente sì. In questa pandemia è fondamentale individuare gli asintomatici che diffondono il contagio. All'ospedale di Frosinone la media è di 250 tamponi al giorno, ma si arriva pure a 280 in alcuni casi: un numero enorme. E colgo l'occasione per annunciare che la prossima settimana sarà possibile in Ciociaria effettuare i tamponi "Drive trough": gli operatori della Asl accoglieranno le persone e, dopo l'identificazione, faranno loro un tampone senza farli scendere dall'auto. È il metodo adottato dalla Corea del Sud».
C'è chi prevede per il Lazio la data del "contagi zero" per fine aprile. Il cosiddetto fattore "R0". È possibile individuare per la provincia di Frosinone un termine per l'uscita dall'inferno?
«Non mi avventuro in previsioni. Credo comunque che un termine del genere per la provincia di Frosinone debba essere spostato in avanti. Il dato è che la nostra provincia, rispetto ad altre, è stata più colpita dai cluster. Sicuramente il fattore "R" si sta abbassando, ma restiamo con i piedi per terra».
Esiste un modello Lazio nella lotta al Coronavirus?
«Sicuramente sì. Il Lazio ha saputo far tesoro dell'esperienza di altre Regioni, contestualizzando però situazioni importanti. Ma soprattutto innovando sul piano organizzativo. I grandi ospedali Covid. Poi il gioco di squadra che è venuto fuori, davvero sta facendo la differenza. La Asl di Frosinone è parte di questo sistema».
Torniamo ai cluster. Il fatto che alcuni siano ripresi a distanza di molti giorni potrebbe rappresentare il segnale che in realtà il periodo di incubazione del virus può andare oltre i quattordici giorni?
«Non ho la risposta perché non sono un epidemiologo. Come Asl stiamo monitorando tutto, anche i tempi di incubazione. Ripeto: sarà importante tirare le somme soltanto dopo che sarà noto il risultato dei tamponi effettuati in tutte le case di riposo, Rsa e strutture che stiamo controllando».
Cosa vuole dire ai cittadini della provincia di Frosinone in questo particolare momento?
«Di restare in casa e di uscire solo per motivi seri di salute o di lavoro. La convivenza con il virus ci sarà».
Senta Lorusso, come sta vivendo questa esperienza, da direttore generale della Asl ma anche come uomo?
«Questa esperienza mi ha già cambiato moltissimo e lo farà ancora di più. Sto vivendo questa esperienza come una missione. Convivendo con tutto: limiti, errori, tristezza, determinazione, voglia di lottare. E di vincere. Perché vinceremo questa guerra. Tutti insieme».
E quando tutto questo sarà finito?
«Quello che posso dire sin da ora è che io e i miei collaboratori non ci stiamo risparmiando. Stiamo dando tutto, il massimo del massimo. Senza tirarci indietro. Consapevoli anche del rischio del contagio. Come del resto è successo. Questa è una sfida alla quale nessuno poteva essere davvero preparato. La stiamo affrontando con coraggio e con tutte le nostre forze. E alla fine ne usciremo».