Stanno bene. Hanno affrontato una quarantena volontaria nel loro appartamento di Oviedo con grande forza e senso di responsabilità dopo che una compagna di corso,con la quale avevano cenato tutti insieme qualche giorno prima, è risultata positiva al Covid-19. Così, in maniera precauzionale si sono "chiusi" nell'abitazione spagnola nelle Asturie dove stanno trascorrendo l'Erasmus. Con loro anche un altro studente italiano presente alle lezioni e alla cena.

«Prima che la nostra collega di corso risultasse positiva, a Oviedo non c'erano stati casi. Avevamo letto del rientro dello scrittore Sepúlveda (ora all'ospedale universitario di Oviedo) e di sua moglie anche lei contagiata e messa in isolamento, ndr ma nella nostra zona il pericolo non c'era». Elena e Giuseppe Pisani, due brillanti studenti di San Giorgio iscritti all'Università di Cassino (lui già proiettato nella Magistrale in Economia, lei nel cuore della triennale in Lingue) poco più che ventenni, hanno vissuto e affrontato il propagarsi della pandemia e il rischio del contagio lontani dagli affetti più veri.

Ora che per fortuna il pericolo per loro si è allontanato, hanno deciso comunque di non tornare nell'immediatezza per un «senso di responsabilità nei confronti della nostra famiglia e della nostra comunità». Elena e Giuseppe, sorella e fratello, hanno molto da insegnare. A tutti.
Nonostante il forte interesse della famiglia che per il tramite della zia, l'avvocato Ciaraldi ha già scritto alle autorità competenti, vogliono attendere che il picco passi. E che il loro rientro non possa costituire un pericolo.

«Madrid al momento è il focolaio più pericoloso  - affermano - Qui è esattamente come in Italia: sono aperti solo i negozi di alimenti, tabacchi e farmacie. Usciamo in media una volta a settimana ed esce sempre lo stesso, con tutte le dovute precauzioni.
Siamo stati fortunati  - sottolinea Giuseppe -  perché la nostra famiglia ci ha inviato subito i sistemi di protezione qui introvabili. E li abbiamo presto utilizzati, anche quando ancora in giro nessuno lo faceva».

I due fratelli sangiorgesi avevano un volo prenotato per tornare a casa a Pasqua.
Voli poi annullati. Ma non hanno insistito e aspettano i tempi giusti.
«Continuiamo a seguire le lezioni on-line e in questi ultimi giorni ci stanno fornendo tutto il materiale didattico: l'Università è stata infatti chiusa da un paio di settimane - spiegano i due ragazzi - Non volevamo vanificare l'Erasmus, visto che siamo arrivati qui a gennaio.
Ma farlo in un appartamento non è ovviamente lo stesso. Però, tornando a casa, per gli studi non cambierebbe nulla: potremmo solo mettere a repentaglio parenti e concittadini qualora diventassimo involontariamente "portatori sani"».

«Stiamo bene, ma nessuno di noi ha fatto i tamponi. Quindi abbiamo preso la decisione di attendere la fine dell'emergenza e far ritorno a casa quando la situazione sarà meno critica e la curva dei contagi andrà scendendo» ha aggiunto Elena, pienamente d'accordo con il fratello. Nonostante la criticità, la solidarietà resta al primo posto: «Ho fatto (e consegnato con tutte le cautele del caso) la spesa anche per un mio amico di corso che, invece, adesso ha la febbre. E sono stato fermato dalla polizia: i controlli ci sono e sono capillari. Il rischio, 600 euro minimo di multa a chi trasgredisce. Ma basta rispettare le regole» aggiunge Giuseppe.

«La nostra famiglia sta bene. Ma non è facile pensare che siano lontani. La decisione di restare qui non è presa a cuor leggero ma non possiamo metterli neppure per un minuto a rischio» hanno sottolineato. La situazione emergenziale riguarda ogni aspetto della vita, anche quello culturale: «Mi dispiace molto di non poter recuperare l'Erasmus in un momento successivo - ha sintetizzato Elena  - Dovrebbe essere un diritto nostro e di tutti gli altri studenti italiani: vivere questo progetto e questa esperienza formativa appieno. Spero che sarà possibile rientrare nelle domande dell'anno prossimo, magari con qualche clausola».