Poco meno di un anno fa finì sui tabloid inglesi e italiani per una storia che commosse tutti: donò un rene alla propria fidanzata Geraldine (ora sua moglie, ndr), affetta da una patologia cronica. Ora ritroviamo l'alatrense Aldo Cataldi, ventotto anni, da quattro a Leicester, in Inghilterra, dove lavora per una compagnia che gestisce il triage delle tre strutture sanitarie più grandi dell'East Midlands e il call center del 111, il numero di assistenza fornita dal servizio sanitario nazionale inglese. Nella foto che ci ha mandato è con la barba, ma ci dice che l'ha appena tagliata...

Come mai niente barba? Per motivi igienico-sanitari, per precauzione?
«L'ho tagliata in previsione della possibilità di trascorrere molto tempo al giorno con la mascherina. Per non far passare e non trattenere nulla, sì».
Ricordi a tutti noi il tuo ruolo?
«Sono un infermiere professionale, ho il ruolo di Triage clinician (infermiere specialista di triage)».
Cosa hai pensato quando Boris Johnson ha parlato dell'immunità di gregge?
«Appena ho sentito "immunità di gregge" sono rimasto basito. Un virus altamente contagioso con il 2% di mortalità di cui sappiamo poco e nulla, non è cosa da prendere sottogamba. L'immunità di gregge è ottima se riesci a curare le persone affette con poche risorse, in questo caso l'unica cosa che puoi raggiungere è un numero assurdo di morti e stress sul sistema ospedaliero che non potrà affrontare l'emergenza».

Pochi giorni dopo ha cambiato idea e rotta...
«E sono cambiate le prime cose: in Pronto Soccorso si stanno usando i dispositivi di protezione individuale. I tamponi, però, non sono ancora fatti a tappeto».
Quali differenze stai notando tra l'Italia e l'Inghilterra?
«A detta del governo siamo tre settimane di distanza dall'Italia in quanto a contagi. A livello sanitario c'è stata una drastica svolta di ammissione con il contagocce solo per i sintomatici gravi e a rischio ospedalizzazione. A chi si presenta con sintomi influenzali viene effettuato il triage e, se non richiede il ricovero, viene rimandato a casa per l'isolamento volontario della durata di quattordici giorni. Le linee del 111 sono oberate con centinaia di chiamate di persone in cerca di risposte».
L'Inghilterra come sta vivendo questo periodo?
«Ci sono confusione e incertezza, le linee guida date dal governo e dal servizio sanitario nazionale (NHS) cambiano di giorno in giorno. Ci sono paura e paranoia legate a un nemico invisibile».
La gente è preoccupata?
«Lo è, temono di perdere il lavoro. C'è un paracadute sociale messo in campo dallo Stato per coprire l'80% dei salari».

Anche in Inghilterra ci sono state le code ai supermercati?
«Il "bulk buying" è iniziato da qualche settimana, ora alimenti e beni di prima necessità sono limitati da due a un massimo di cinque confezioni per cliente. Gli scaffali sono vuoti dalla mattina presto. Non so perché ma la prima cosa che gli inglesi hanno comprato in blocco è stata la carta igienica».

Le tue emozioni, i tuoi pensieri in questo momento...
«Siamo davanti ad una pandemia: solo il rispetto delle linee guida e il senso civico la potranno risolvere. Bisogna aspettare e usare il buon senso. I sanitari stanno facendo del loro meglio nel mondo. Se mi chiedi se sono preoccupato, ti rispondo di no. Sono pronto per quando dovrò rimboccarmi le maniche e sudare sotto la mascherina».